16 Luglio 2013 – Lourdes – Irun
17 luglio 2013 - Irun – Hernani
Chissà perché ho deciso che doveva essere proprio il via de Bayona, altrimenti detto Camino del Vasco Interior o del Tunel de San Adrian…..
Quando abbiamo deciso con Ivana che dopo il nostro servizio a Lourdes avremmo fatto un pezzo di cammino, le alternative tra cui scegliere erano solo due: il Norte e l’Aragonese da Somport. Per me era indifferente visto che entrambi già li avevo fatti anni fa e per Ivana era indifferente perché non ne aveva fatto nemmeno uno. Poi mi è saltato in mente di fare qualcosa che ancora non avevo fatto: da Lourdes a St.Jean Pied de Port. Bocciato subito, il mio francese non va più in là di “Bonjour”, “jenecompripàfransè” e “jeneparlepàfransè”. Improvvisamente trovo la traccia di questo cammino per me nuovo, la via de bayona con partenza da Irun (quindi spagnolo! e niente francese). Decido per questo cammino, e lascio che per Ivana sia una sorpresa e solo l’ultimo giorno a Lourdes, quando già avevamo smesso la divisa bianca da sorelle d’assistenza e indossato quella da pellegrine con zaino in spalla, le dico qual’è la nostra mèta.
Siamo andate alla stazione con tutto il resto del personale che ripartiva con il treno bianco e sotto un diluvio universale, tuoni, lampi, acqua a secchiate, abbiamo lasciato Lourdes. Strano per me, dopo tantissimi anni, non tornare a casa con i miei malati e i colleghi di pellegrinaggio! Strano prendere un bus che ci portava sino a Pau, in direzione opposta del nostro treno bianco!
Alle 16,15 saliamo sul bus con Ivana molto preoccupata perché alla guida c’è una donna e sotto quel diluvio mica si fida tanto! Un’ora di viaggio e ancora non ci sembra vero.
A Pau prendiamo il treno per Hendaye, poi un trenino-metro che ci porta a Irun. Pochi minuti e siamo in città. Ricerca dell’albergue…. Il punto di Informazioni, in una grande piazza a pochi metri dalla stazione, è chiuso ma c’è una gelateria italiana proprio di fronte. Devono essere abituati ai pellegrini perché alla nostra richiesta di informazioni prendono subito una cartina, segnano il tratto di strada da fare e in tre secondi sappiamo dove andare. Cominciano i regalini del cammino: ci rincorre una ragazza che vuole darci una mano per trovare l’albergue. Ha visto la concha. Arriviamo al ponte sopra la ferrovia, da lì dobbiamo girare a destra e alla seconda traversa a sinistra c’è il nostro rifugio. Ci arrivano alle spalle due vigili urbani: anche loro vogliono aiutarci a trovare l’alloggio. Gentilezza e ancora gentilezza. Speriamo continui così.
All’albergue occupiamo i penultimi due letti liberi, dopo di noi solo altri due letti che verranno occupati pochi minuti dopo. Tutti i pellegrini vanno sul Norte, nessuno fa il nostro cammino. L’ospitalera, quando le diciamo che cammino vogliamo fare, ci dice solo “ohhh, muy solitario”.
Ceniamo con una meravigliosa focaccia, salame e formaggio e un po’ di vino rosso, tutto quello che ci siamo portate da Lourdes. Notte calda, non gira un filo d’aria.
L’albergue (buono, pulito) è a donativo e ci offre la colazione, abbondante. Partiamo con molta calma…molta. Le frecce iniziano subito ma sono quelle che indirizzano al Norte. Invece di seguirle torniamo sul ponte, proviamo a chiedere ma nessuno conosce il camino Vasco e ogni volta dobbiamo ben specificare che non vogliamo andare sul Norte. Decidiamo di andare a sentimento e prendiamo la strada principale. Ogni tot di metri fermiamo qualcuno e domandiamo sino a che troviamo qualcuno che ci conferma che la strada è quella giusta ma che dobbiamo chiedere più avanti. Proseguiamo sempre sulla medesima strada che ci sta portando fuori dalla città e ancora non sappiamo se è quella esatta. Entriamo in quello che pare un ufficio e domandiamo delucidazioni. Si aprono le nuvole dei dubbi che aleggiavano sopra le nostre teste: l’impiegato interrogato lascia il suo pc, prende un foglio e una penna e con gran velocità ci fa una mappa precisissima della strada che dobbiamo fare, fa i disegnini di un campo da “football” che dobbiamo lasciare sulla sinistra, disegna tutte le rotonde che incontreremo, il sentiero che dovremo prendere di fianco a una deposito di auto demolite, e infine l’incrocio giusto per il giusto sentiero. Più precisi di così di muore. Con il suo “buon viaggio” partiamo rinfrancate. E’ tutto esatto.
Dopo pochi km abbandoniamo il marciapiede e dopo l’ultima rotonda giriamo a destra, usciamo dalla città e proseguiamo lungo una strada che si inoltra in un bosco. Bello ma pericoloso perché non c’è spazio lungo il margine e siamo costrette a camminare sul bordo. Nel bosco sento il richiamo di un bastone. Diventa il mio fedele appoggio (non so camminare senza un fido bastone di legno e questo stava aspettando solo me) Curva dopo curva troviamo l’incrocio – come da disegnino – che segnala il cammino. Da quel momento perdersi è assolutamente I M P O S S I B I L E: Cartelli in legno con indicazione del cammino e frecce gialle per ogni dove, anche due/tre insieme, una per terra, una a destra e una a sinistra, casomai qualcuno è distratto!!
Ormai siamo su sentiero, i saliscendi sono una costante……, fa caldo ma è ancora sopportabile. Tante ortensie fiorite, è piacevole vedere i cespugli colorati. Io non ho fatto un giorno di allenamento, mai camminato nemmeno per andare in ufficio, quindi le mie gambe un po’ si lamentano e ho un piccolo problema con la scarpa sinistra: la soletta interna è molto alta e camminando mi dà fastidio all’intero del tallone. Pazienza, mi abituerò? Pronostico vescica in arrivo e sarebbe la mia prima volta! Alla fine di una salita vedo una scala e decido che devo riposare; tolgo scarpe e calze mi siedo affranta su un gradino circondata da regalini lasciati dai cani. Dieci minuti poi si va. Superata la breve scalinata arriviamo all’incrocio con la strada GI 2134, oltre l’incrocio un albergo, una casa e il cartello che indica Oiartzun a due km.
Decidiamo per una sosta al bar dell’albergo Gurutze, sosta per la prima clara del cammino, per una visitina al bagno e per farci riempire le borracce d’acqua. Sedersi è un piacere ma rialzarsi per andare….che fatica! Ma non ci si può lamentare già dal primo giorno!!! Ivana cerca di tamponare l’effetto-birra con una banana che viaggia da avant’ieri nello zaino. Cominciamo con le risate.
Si riparte con una graziosa (ironico!) discesa verso Oiartzun. Si scende, si sale e si scende e l’ultima parte è di cemento. Il paese è praticamente sdraiato in verticale tanto che ai lati della strada, ripidissima, sono stati creati dei gradini per facilitare discesa e risalita. Alla fine di questa lunghissima e incredibile discesa, dopo aver attraversato la GI 2134, arriviamo prima in una piazza con la Chiesa, naturalmente chiusa, poi ad una costruzione che parrebbe un vecchio lavatoio, anche se non capisco come funzionava, ma l’unica spiegazione è questa. Ai lati del lavatoio ci sono dei larghi gradini per mitigare la continua discesa e uno di questi diventa il nostro tavolo per il pranzo. Ancora pane e salame e formaggio…..questo salame mi sta diventando antipatico! Il tempo di mangiare e riprendiamo, la strada è ancora lunga e Hernani ci aspetta.
Dopo Oiartzun inizia, anzi, riprende la sagra delle salite dure e discese ardite su sentieri pietrosi, seguiamo un ruscello all’interno del bosco, dall’alto di una salita vediamo una infinità di felci sulla nostra sinistra, mai viste tante felci, come mai visti tanti bambù! Faccio fatica mentre Ivana è fresca come una rosa! Bella forza, lei, montanara, è abituata alle salite, io ho la lingua che tocca per terra….
Arriviamo finalmente. Chiediamo se siamo a Hernani e ci rispondono di sì, che siamo arrivate. Bugiardi!!! Siamo ad Astigarraga, ancora ci vuole strada ma io sono davvero stanca anche perché l’ultima parte l’abbiamo fatta su asfalto. Chiediamo dov’è l’albergue: cavolo cavolo! In cima a una collina con un sentiero ripidissimo. Decidiamo che è meglio arrivare direttamente a Hernani. Un signore ci consiglia una pensione (che poi era quella che avevo già segnato nella mia Moleskine): Pension Zinkoenea, Calle Nagusia 57, per la modica cifra di 45,00 miserabili inutili euro – senza cena né colazione, sgrunt. Non importa, è tardi, abbiamo fame, tanta fame e tanta stanchezza addosso. Le risate non ci mancano, prendo in giro Ivana che appena entrata in camera smonta lo zaino e sparge tutto per ogni dove. Ridiamo come matte, ma in effetti è tutto il giorno che la ridarella ci accompagna. Doccia salutare e poi via a cercare un posto per la cena. Ci siamo pappate circa 26 km, adesso è ora di mettere qualcosa sotto i denti e pappare davvero.
Percorriamo tutta la calle Nagusia sino a una piazza rotonda con un bellissimo duomo, passiamo sotto un arco e arriviamo finalmente a uno di quei tipici bar dove puoi prendere tapas o platos combinados. Piattone di patate fritte, insalata, fettina impanata tanto grande che fuoriesce dal piatto e crocchette. Naturalmente clara fresca e abbondante! E infine fettona di torta de queso, meravigliosa.
Diamo uno sguardo alla strada che faremo domani e pian pianino ritorniamo alla pensione, un letto con lenzuola bianche ci aspetta. Nemmeno il tempo di un amen….Buonanotte!
17 luglio 2013 - Irun – Hernani
Chissà perché ho deciso che doveva essere proprio il via de Bayona, altrimenti detto Camino del Vasco Interior o del Tunel de San Adrian…..
Quando abbiamo deciso con Ivana che dopo il nostro servizio a Lourdes avremmo fatto un pezzo di cammino, le alternative tra cui scegliere erano solo due: il Norte e l’Aragonese da Somport. Per me era indifferente visto che entrambi già li avevo fatti anni fa e per Ivana era indifferente perché non ne aveva fatto nemmeno uno. Poi mi è saltato in mente di fare qualcosa che ancora non avevo fatto: da Lourdes a St.Jean Pied de Port. Bocciato subito, il mio francese non va più in là di “Bonjour”, “jenecompripàfransè” e “jeneparlepàfransè”. Improvvisamente trovo la traccia di questo cammino per me nuovo, la via de bayona con partenza da Irun (quindi spagnolo! e niente francese). Decido per questo cammino, e lascio che per Ivana sia una sorpresa e solo l’ultimo giorno a Lourdes, quando già avevamo smesso la divisa bianca da sorelle d’assistenza e indossato quella da pellegrine con zaino in spalla, le dico qual’è la nostra mèta.
Siamo andate alla stazione con tutto il resto del personale che ripartiva con il treno bianco e sotto un diluvio universale, tuoni, lampi, acqua a secchiate, abbiamo lasciato Lourdes. Strano per me, dopo tantissimi anni, non tornare a casa con i miei malati e i colleghi di pellegrinaggio! Strano prendere un bus che ci portava sino a Pau, in direzione opposta del nostro treno bianco!
Alle 16,15 saliamo sul bus con Ivana molto preoccupata perché alla guida c’è una donna e sotto quel diluvio mica si fida tanto! Un’ora di viaggio e ancora non ci sembra vero.
A Pau prendiamo il treno per Hendaye, poi un trenino-metro che ci porta a Irun. Pochi minuti e siamo in città. Ricerca dell’albergue…. Il punto di Informazioni, in una grande piazza a pochi metri dalla stazione, è chiuso ma c’è una gelateria italiana proprio di fronte. Devono essere abituati ai pellegrini perché alla nostra richiesta di informazioni prendono subito una cartina, segnano il tratto di strada da fare e in tre secondi sappiamo dove andare. Cominciano i regalini del cammino: ci rincorre una ragazza che vuole darci una mano per trovare l’albergue. Ha visto la concha. Arriviamo al ponte sopra la ferrovia, da lì dobbiamo girare a destra e alla seconda traversa a sinistra c’è il nostro rifugio. Ci arrivano alle spalle due vigili urbani: anche loro vogliono aiutarci a trovare l’alloggio. Gentilezza e ancora gentilezza. Speriamo continui così.
All’albergue occupiamo i penultimi due letti liberi, dopo di noi solo altri due letti che verranno occupati pochi minuti dopo. Tutti i pellegrini vanno sul Norte, nessuno fa il nostro cammino. L’ospitalera, quando le diciamo che cammino vogliamo fare, ci dice solo “ohhh, muy solitario”.
Ceniamo con una meravigliosa focaccia, salame e formaggio e un po’ di vino rosso, tutto quello che ci siamo portate da Lourdes. Notte calda, non gira un filo d’aria.
L’albergue (buono, pulito) è a donativo e ci offre la colazione, abbondante. Partiamo con molta calma…molta. Le frecce iniziano subito ma sono quelle che indirizzano al Norte. Invece di seguirle torniamo sul ponte, proviamo a chiedere ma nessuno conosce il camino Vasco e ogni volta dobbiamo ben specificare che non vogliamo andare sul Norte. Decidiamo di andare a sentimento e prendiamo la strada principale. Ogni tot di metri fermiamo qualcuno e domandiamo sino a che troviamo qualcuno che ci conferma che la strada è quella giusta ma che dobbiamo chiedere più avanti. Proseguiamo sempre sulla medesima strada che ci sta portando fuori dalla città e ancora non sappiamo se è quella esatta. Entriamo in quello che pare un ufficio e domandiamo delucidazioni. Si aprono le nuvole dei dubbi che aleggiavano sopra le nostre teste: l’impiegato interrogato lascia il suo pc, prende un foglio e una penna e con gran velocità ci fa una mappa precisissima della strada che dobbiamo fare, fa i disegnini di un campo da “football” che dobbiamo lasciare sulla sinistra, disegna tutte le rotonde che incontreremo, il sentiero che dovremo prendere di fianco a una deposito di auto demolite, e infine l’incrocio giusto per il giusto sentiero. Più precisi di così di muore. Con il suo “buon viaggio” partiamo rinfrancate. E’ tutto esatto.
Dopo pochi km abbandoniamo il marciapiede e dopo l’ultima rotonda giriamo a destra, usciamo dalla città e proseguiamo lungo una strada che si inoltra in un bosco. Bello ma pericoloso perché non c’è spazio lungo il margine e siamo costrette a camminare sul bordo. Nel bosco sento il richiamo di un bastone. Diventa il mio fedele appoggio (non so camminare senza un fido bastone di legno e questo stava aspettando solo me) Curva dopo curva troviamo l’incrocio – come da disegnino – che segnala il cammino. Da quel momento perdersi è assolutamente I M P O S S I B I L E: Cartelli in legno con indicazione del cammino e frecce gialle per ogni dove, anche due/tre insieme, una per terra, una a destra e una a sinistra, casomai qualcuno è distratto!!
Ormai siamo su sentiero, i saliscendi sono una costante……, fa caldo ma è ancora sopportabile. Tante ortensie fiorite, è piacevole vedere i cespugli colorati. Io non ho fatto un giorno di allenamento, mai camminato nemmeno per andare in ufficio, quindi le mie gambe un po’ si lamentano e ho un piccolo problema con la scarpa sinistra: la soletta interna è molto alta e camminando mi dà fastidio all’intero del tallone. Pazienza, mi abituerò? Pronostico vescica in arrivo e sarebbe la mia prima volta! Alla fine di una salita vedo una scala e decido che devo riposare; tolgo scarpe e calze mi siedo affranta su un gradino circondata da regalini lasciati dai cani. Dieci minuti poi si va. Superata la breve scalinata arriviamo all’incrocio con la strada GI 2134, oltre l’incrocio un albergo, una casa e il cartello che indica Oiartzun a due km.
Decidiamo per una sosta al bar dell’albergo Gurutze, sosta per la prima clara del cammino, per una visitina al bagno e per farci riempire le borracce d’acqua. Sedersi è un piacere ma rialzarsi per andare….che fatica! Ma non ci si può lamentare già dal primo giorno!!! Ivana cerca di tamponare l’effetto-birra con una banana che viaggia da avant’ieri nello zaino. Cominciamo con le risate.
Si riparte con una graziosa (ironico!) discesa verso Oiartzun. Si scende, si sale e si scende e l’ultima parte è di cemento. Il paese è praticamente sdraiato in verticale tanto che ai lati della strada, ripidissima, sono stati creati dei gradini per facilitare discesa e risalita. Alla fine di questa lunghissima e incredibile discesa, dopo aver attraversato la GI 2134, arriviamo prima in una piazza con la Chiesa, naturalmente chiusa, poi ad una costruzione che parrebbe un vecchio lavatoio, anche se non capisco come funzionava, ma l’unica spiegazione è questa. Ai lati del lavatoio ci sono dei larghi gradini per mitigare la continua discesa e uno di questi diventa il nostro tavolo per il pranzo. Ancora pane e salame e formaggio…..questo salame mi sta diventando antipatico! Il tempo di mangiare e riprendiamo, la strada è ancora lunga e Hernani ci aspetta.
Dopo Oiartzun inizia, anzi, riprende la sagra delle salite dure e discese ardite su sentieri pietrosi, seguiamo un ruscello all’interno del bosco, dall’alto di una salita vediamo una infinità di felci sulla nostra sinistra, mai viste tante felci, come mai visti tanti bambù! Faccio fatica mentre Ivana è fresca come una rosa! Bella forza, lei, montanara, è abituata alle salite, io ho la lingua che tocca per terra….
Arriviamo finalmente. Chiediamo se siamo a Hernani e ci rispondono di sì, che siamo arrivate. Bugiardi!!! Siamo ad Astigarraga, ancora ci vuole strada ma io sono davvero stanca anche perché l’ultima parte l’abbiamo fatta su asfalto. Chiediamo dov’è l’albergue: cavolo cavolo! In cima a una collina con un sentiero ripidissimo. Decidiamo che è meglio arrivare direttamente a Hernani. Un signore ci consiglia una pensione (che poi era quella che avevo già segnato nella mia Moleskine): Pension Zinkoenea, Calle Nagusia 57, per la modica cifra di 45,00 miserabili inutili euro – senza cena né colazione, sgrunt. Non importa, è tardi, abbiamo fame, tanta fame e tanta stanchezza addosso. Le risate non ci mancano, prendo in giro Ivana che appena entrata in camera smonta lo zaino e sparge tutto per ogni dove. Ridiamo come matte, ma in effetti è tutto il giorno che la ridarella ci accompagna. Doccia salutare e poi via a cercare un posto per la cena. Ci siamo pappate circa 26 km, adesso è ora di mettere qualcosa sotto i denti e pappare davvero.
Percorriamo tutta la calle Nagusia sino a una piazza rotonda con un bellissimo duomo, passiamo sotto un arco e arriviamo finalmente a uno di quei tipici bar dove puoi prendere tapas o platos combinados. Piattone di patate fritte, insalata, fettina impanata tanto grande che fuoriesce dal piatto e crocchette. Naturalmente clara fresca e abbondante! E infine fettona di torta de queso, meravigliosa.
Diamo uno sguardo alla strada che faremo domani e pian pianino ritorniamo alla pensione, un letto con lenzuola bianche ci aspetta. Nemmeno il tempo di un amen….Buonanotte!
Allegati
Ultima modifica di un moderatore: