il cammino si è interrotto lo scorso anno. partito da saint jean pied de port l'11 agosto 2010, sono arrivato a burgos il 20 agosto seguente. gli impegni universitari mi costringevano a non proseguire e quindi a malincuore ho dovuto interrompere. ma la promessa di terminare il cammino è rimasta viva per tutto quest'anno. così seppur a fatica sono riuscito a ritagliarmi quei 20 giorni necessari per terminare quel che avevo lasciato a metà. e non me ne pentirò mai perchè è stata l'esperienza più bella della mia vita. questo è il resoconto della mia esperienza. questa volta a differenza della volta scorsa non ho tenuto un diario. mi sono voluto godere fino all'ultimo istante tutti i momenti: dal cammino fino alle serate passate in albergue. anche se il ricordo di qualche particolare è venuto meno, i ricordi di ogni singolo giorno sono vivi nella memoria perchè le cose belle non si scordano mai.
20 luglio 2011 Burgos – Rabé de Las Calzadas (14 km)
Arrivo a Burgos in pullman verso le 14 e, sceso dal pullman, mi reco subito in cattedrale. Ho voglia di visitarla dato che l’anno scorso al termine del mio cammino non ne avevo avuto modo. L’entrata è a pagamento ma è scontata per i pellegrini con credenziale. Una volta all’interno scopro che una parte dell’edificio è riservata al culto e che non è possibile visitarla fino alle 17. per iniziare il mio cammino avrei voluto pregare davanti al cristo di Burgos (che avevo saputo essere un crocifisso molto particolare) ma si trova proprio nella parte riservata al culto. Non ho voglia di aspettare fino alle 17 anche perché sono impaziente di iniziare a camminare. Visito il resto della cattedrale con distrazione. Seppur bellissima mi sembra un museo più che una chiesa. Si sono fatte le 16 e dopo aver mangiato un panino ed essermi rifornito d’acqua parto per il cammino. È un’ora insolita per partire ma di restare a Burgos proprio non ho voglia. Le grandi città non sono fatte per i pellegrini e ho voglia di respirare subito l’aria di cammino che aspetto da un anno. Passando per la zona universitaria esco da Burgos. Il sole picchia forte e ombra non ce n’è proprio. Lungo il cammino, data l’ora, non incontro nessuno tranne ogni tanto qualche ciclista che mi supera. L’afa non aiuta di certo a camminare ma bevendo molto e fermandomi spesso proseguo senza troppi problemi. Arrivo a Tardajos e passo davanti l’albergue dove i pellegrini si stanno godendo il meritato riposo bevendo e mangiando. Più avanti mi fermo ad una fonte a dissetarmi. Nei pressi della fonte sostano a chiacchierare le vecchiette del paese che mi chiedono qual è la mia destinazione. Rispondo Rabé e mi tranquillizzano: sono quasi arrivato. Proseguo quindi per rabè dove arrivo alle 19 accolto da un cane che da dentro il giardino mi abbaia contro (mi sa che non è abituato a veder pellegrini arrivare così tardi). In paese non c’è nessuno. Trovo rifugio all’albergue Liberanos Domine che offre anche la cena e la colazione. L’hospitalera è abbastanza cordiale e mi accompagna alla stanza al piano di sopra. In stanza siamo in tre, io ed una coppia. Tra me e me penso: sono fortunato, dovrei passare una notte abbastanza tranquilla. L’albergue è ben tenuto e pulito con tutte le comodità. Dopo essermi fatto la doccia, faccio un giro in paese ma non c’è molto da vedere. La chiesa è chiusa. Mi siedo quindi su una panchina al sole aspettando la cena. Alle 20 si mangia: ceno con due simpatici catalani, Agos e Melchor, un messicano e un tedesco al quale, mi accorgo durante la cena, manca un dito. Ci racconta che se l’è tagliato mentre lavorava con la sega elettrica. Non si è lasciato però abbattere da questo incidente continuando a fare tanto sport (infatti ci racconta che fa tappe belle lunghe). La cena, cucinata dall’hospitalera, è abbondante così come il vino: zuppa, Insalata mista, tortilla e yogurt come dessert. Chiacchieriamo in allegria e dopo si va a dormire. Domani sarà una giornata lunga: ho intenzione di arrivare a San Nicolas, l’hospital della Confraternita di Perugia. Ho proprio voglia di conoscere qualche italiano. Con le lingue straniere me la cavo ma solo per farmi capire. Parlare è un’altra cosa… salgo di sopra e i miei compagni di stanza non sono ancora rientrati. Mi metto a letto e mi addormento prima del loro rientro. Vengo però da loro svegliato verso l’una di notte: russano entrambi e in particolare lui va ben oltre il semplice russare emettendo suoni direi animaleschi… Mi rigiro nel letto senza riuscire ad addormentarmi. Perciò ho un’idea: avendo notato che nell’albergue c’era poca gente, nelle altre stanze devono esserci necessariamente dei letti vuoti. Mi avventuro perciò verso le altre stanze e sono fortunato. Nella prima in cui entro c’è un letto libero. Mi dirigo verso il letto e una ragazza non so in quale lingua mi chiede che ci faccio lì. Cerco di risponderle sfoderando il mio “itagnolo”: “nella mia habitacione roncadores!”. La ragazza sembra non capire e chiede consulto ai suoi vicini di letto che a quanto pare sono svegli anche loro. Ripeto quindi a loro: “Roncadores”. Vedendo che continuano a non capire concludo con un bel “vabbè buonanotte” e mi metto finalmente a dormire.
(continua)
20 luglio 2011 Burgos – Rabé de Las Calzadas (14 km)
Arrivo a Burgos in pullman verso le 14 e, sceso dal pullman, mi reco subito in cattedrale. Ho voglia di visitarla dato che l’anno scorso al termine del mio cammino non ne avevo avuto modo. L’entrata è a pagamento ma è scontata per i pellegrini con credenziale. Una volta all’interno scopro che una parte dell’edificio è riservata al culto e che non è possibile visitarla fino alle 17. per iniziare il mio cammino avrei voluto pregare davanti al cristo di Burgos (che avevo saputo essere un crocifisso molto particolare) ma si trova proprio nella parte riservata al culto. Non ho voglia di aspettare fino alle 17 anche perché sono impaziente di iniziare a camminare. Visito il resto della cattedrale con distrazione. Seppur bellissima mi sembra un museo più che una chiesa. Si sono fatte le 16 e dopo aver mangiato un panino ed essermi rifornito d’acqua parto per il cammino. È un’ora insolita per partire ma di restare a Burgos proprio non ho voglia. Le grandi città non sono fatte per i pellegrini e ho voglia di respirare subito l’aria di cammino che aspetto da un anno. Passando per la zona universitaria esco da Burgos. Il sole picchia forte e ombra non ce n’è proprio. Lungo il cammino, data l’ora, non incontro nessuno tranne ogni tanto qualche ciclista che mi supera. L’afa non aiuta di certo a camminare ma bevendo molto e fermandomi spesso proseguo senza troppi problemi. Arrivo a Tardajos e passo davanti l’albergue dove i pellegrini si stanno godendo il meritato riposo bevendo e mangiando. Più avanti mi fermo ad una fonte a dissetarmi. Nei pressi della fonte sostano a chiacchierare le vecchiette del paese che mi chiedono qual è la mia destinazione. Rispondo Rabé e mi tranquillizzano: sono quasi arrivato. Proseguo quindi per rabè dove arrivo alle 19 accolto da un cane che da dentro il giardino mi abbaia contro (mi sa che non è abituato a veder pellegrini arrivare così tardi). In paese non c’è nessuno. Trovo rifugio all’albergue Liberanos Domine che offre anche la cena e la colazione. L’hospitalera è abbastanza cordiale e mi accompagna alla stanza al piano di sopra. In stanza siamo in tre, io ed una coppia. Tra me e me penso: sono fortunato, dovrei passare una notte abbastanza tranquilla. L’albergue è ben tenuto e pulito con tutte le comodità. Dopo essermi fatto la doccia, faccio un giro in paese ma non c’è molto da vedere. La chiesa è chiusa. Mi siedo quindi su una panchina al sole aspettando la cena. Alle 20 si mangia: ceno con due simpatici catalani, Agos e Melchor, un messicano e un tedesco al quale, mi accorgo durante la cena, manca un dito. Ci racconta che se l’è tagliato mentre lavorava con la sega elettrica. Non si è lasciato però abbattere da questo incidente continuando a fare tanto sport (infatti ci racconta che fa tappe belle lunghe). La cena, cucinata dall’hospitalera, è abbondante così come il vino: zuppa, Insalata mista, tortilla e yogurt come dessert. Chiacchieriamo in allegria e dopo si va a dormire. Domani sarà una giornata lunga: ho intenzione di arrivare a San Nicolas, l’hospital della Confraternita di Perugia. Ho proprio voglia di conoscere qualche italiano. Con le lingue straniere me la cavo ma solo per farmi capire. Parlare è un’altra cosa… salgo di sopra e i miei compagni di stanza non sono ancora rientrati. Mi metto a letto e mi addormento prima del loro rientro. Vengo però da loro svegliato verso l’una di notte: russano entrambi e in particolare lui va ben oltre il semplice russare emettendo suoni direi animaleschi… Mi rigiro nel letto senza riuscire ad addormentarmi. Perciò ho un’idea: avendo notato che nell’albergue c’era poca gente, nelle altre stanze devono esserci necessariamente dei letti vuoti. Mi avventuro perciò verso le altre stanze e sono fortunato. Nella prima in cui entro c’è un letto libero. Mi dirigo verso il letto e una ragazza non so in quale lingua mi chiede che ci faccio lì. Cerco di risponderle sfoderando il mio “itagnolo”: “nella mia habitacione roncadores!”. La ragazza sembra non capire e chiede consulto ai suoi vicini di letto che a quanto pare sono svegli anche loro. Ripeto quindi a loro: “Roncadores”. Vedendo che continuano a non capire concludo con un bel “vabbè buonanotte” e mi metto finalmente a dormire.
(continua)