20 agosto Villafranca Montes de Oca - Burgos
Oggi mi aspetta l’ultima tappa. Sono circa 38 km e quindi decido di partire presto. Alle 6,45 sto uscendo da Villafranca. Ancora non è sorto il sole ma c’è abbastanza luce per camminare. Il sentiero sale tra gli alberi. Alla fine delle salite arrivo all'alto de la Pedraja, dove si trova una colonna su cui è disegnata una colomba in ricordo di alcuni partigiani fucilati da Franco. Accanto al monumento ci sono delle pale eoliche. È forse distraendomi a guardarle che perdo di vista le frecce. Percorro, infatti, una larga strada con ghiaia sotto le pale eoliche (ce ne sono 12) e alla fine di questa strada mi rendo conto di non vedere più frecce da tempo. Non torno indietro pensando che sia solo una strada più lunga per arrivare a San Juan de Ortega dove sono diretto. La strada continua nel bosco. Ad un tratto incontro una mucca che sta pascolando da sola. Mi guarda (che corna lunghe che ha!). Io le dico: “Stai buona eh?”. Faccio finta di ignorarla e lei ignora me. Dopo parecchi chilometri la strada esce dal bosco e in lontananza vedo un paesino. Allungo il passo curioso di sapere se sia San Juan de Ortega. Arrivo al cartello che però m’informa che sono a Cerraton De Juarros. Il paesino è vuoto. C’è solo un bar ma è chiuso. Incontro un vecchietto in bicicletta. Mi dice che san Juan è lontano 10 km e si raggiunge percorrendo la strada di campagna. Ormai giunto qui non ho scelta: m'incammino per questa strada. Sulla strada non passa alcuna macchina né in un senso né nell’altro. Dopo 3 km incontro il paese di Villaescusa la Sombria. Anche in questo paese non gira nessuno ma c’è un bar aperto. Chiedo aiuto al barista. Nel bar c'è anche una mappa ma il barista non mi vuole aiutare. Alla mia domanda dove siamo mi risponde che non lo sa. Alla domanda "come si chiama questo posto?" la risposta è sempre la stessa. Non capisco perché non mi voglia aiutare in alcun modo. Abbandono perciò il bar mandando al diavolo quel barista e vengo preso dallo sconforto. Piango lacrime amare per non essere tornato indietro appena dopo essermi accorto che non ero più sul cammino, per il timore (la certezza in mancanza di aiuto) di non poter arrivare a Burgos entro oggi. Ho già fatto almeno 10 km ed altrettanti me ne aspettano. In paese non c'è nessuno. Chiamo a voce alta perché qualcuno mi risponda, ma a rispondermi ci sono solo cani che abbaiano. Ad un tratto uno mi segue anche. In senso opposto al mio arriva un ciclista. Gli chiedo quanto manchi a San Juan. Guardando sul suo contachilometri mi dice: “Ancora 10 km”. La sua risposta mi getta ancor di più nello sconforto perché ciò vuol dire che sono ancora di più di quelli che mi avevano detto a Cerraton de Juarros. Continuo a camminare e finalmente arriva una macchina ma nel senso opposto al mio. È una signora carica di buste della spesa. Le chiedo per San Juan de Ortega e mi dice di continuare dritto. Le chiedo se mi può dare un passaggio, ma la risposta è negativa. Vedendo la mia faccia sconvolta, la signora mi dice: “Animo! Animo!”. Ma io a quelle parole avrei risposto con parolacce ("animo" un cavolo…). Continuo a camminare e poco dopo passa una macchina che stavolta va nella mia stessa direzione. Faccio segno di fermarsi ma mi evita e mi suona pure il clacson. Sono sempre più sconvolto e subito dopo sento arrivare dietro di me un pullman di linea. Lo fermo e chiedo se mi può portare a San Juan de Ortega e l’autista mi fa salire. Chiedo quanto devo pagare per il biglietto ma l’autista mi dice niente. Sull’autobus c’è solo un vecchietto che siede nei primi posti. A lui racconto come sono finito lì e mi conforta. Il pullman percorre la strada di campagna a gran velocità e vedo quella strada che avrei dovuto percorrere a piedi senza l’aiuto dell’autista. Erano davvero tanti km. Il pullman mi lascia appena fuori San Juan de Ortega. Insisto per pagare almeno una mancia all’autista ma lui rifiuta categoricamente. Mi dice: “Va! Buen camino!” lo ringrazio davvero tanto e gli auguro ogni bene. Percorro i 500 metri che mi separano dal paese e vedo una freccia gialla che va in senso opposto. Capisco che quella è l’uscita dal paese, ma continuo comunque dritto per andare al bar. Dopo tutte queste emozioni ho bisogno un attimo di riprendermi. Al bar incontro le 3 M, Chiara e Lucia che si sono fermati a bere birra. Mi vedono arrivare in senso contrario e mi chiedono perché. Racconto la storia ma non ricevo la solidarietà che speravo. La mia storia li lascia abbastanza indifferenti. Dopo un attimo di tregua riprendiamo il cammino verso Atapuerca. È davvero una gioia essere di nuovo sul cammino. In un tratto il cammino è invaso dalle mucche. Dobbiamo fare lo slalom per evitarle (attenzione alle code!). Ad Atapuerca loro si fermano per il pranzo su un prato. Io preferisco prima passare l’ultimo tratto in salita prima di arrivare a Burgos. Dopo una mezz’oretta in salita arrivo in cima a un Alto desolato con pochi alberi dove si trova una grossa croce di legno. Attraversato questo piccolo altopiano ammiro la città di Burgos dall’alto. Mangio un panino sotto un piccolo albero con Burgos proprio davanti a me. Sono finalmente sereno e felice per essere arrivato sin lì soprattutto dopo il brutto imprevisto avuto stamattina. Per arrivare a Burgos dovrò attraversare un immenso campo desolato senza neanche un cespuglio. Dopo mangiato mi avvio per l’ultimo tratto sotto il sole. Grazie al cielo oggi c’è un bel vento fresco che non mi fa soffrire il caldo. Sceso giù dall’Alto ed al bivio seguo l’indicazione del descrittivo di Flavio: non vado a sinistra con le frecce, ma vado a destra in salitella. Sul pianoro trovo altre frecce gialle che vanno dritte verso il ponte dell’autostrada e Villafria senza passare per i paesi. La scorciatoia mi fa risparmiare 6 km (dopo il “largo giro” di stamattina questa scorciatoia mi serve proprio). Lungo questo sentiero alternativo ad un certo punto trovo delle frecce che mi mandano a sinistra invece che continuare dritto verso l’autostrada. È una deviazione ingannevole perché porta verso un sentiero che ben presto muore (ma perché hanno messo queste frecce sbagliate?). Capisco che si tratta di un sentiero sbagliato che ben presto muore. Decido di camminare a vista e continuo dritto senza seguire quelle frecce ingannevoli. Davanti a me vedo l’autostrada e spero di trovare il ponte per attraversarla. Passano due contadini sopra un trattore e chiedo se quella strada è giusta per Villafria (dopo stamattina non ho intenzione di sbagliare...) e mi dicono di sì. Continuo dritto e dopo qualche km si arriva al ponte. Superato il ponte, il sentiero continua ma dev’essere poco frequentato perché l’erba inizia ad essere un po’ alta. Arrivo finalmente alla strada asfaltata e da lontano vedo Villafria. Incontro Larry, pellegrino italiano dal nome straniero, che avevo già incontrato sulla salita dopo Atapuerca e che ha fatto il cammino classico per i paesi. Arrivati a Villafria alle 15 ci ristoriamo alla fontanella e ci fermiamo a riposarci su una panchina. Larry è indeciso se prendere l’autobus per non affrontare la zona industriale. Alla fine lo convinco a venire a piedi con me: io penso che il cammino vada preso per quello che è bello o brutto che sia. Dopo esserci riposati ci incamminiamo. Mi aspettavo molto peggio questa zona industriale. Mi aspettavo una strada tra le industrie dall’aria irrespirabile. Invece trovo un grande stradone periferico con dei grandi marciapiedi che in alcuni punti è anche alberato (alberi sotto cui noi facciamo attenzione a passare per ripararci un poco del sole). Ci sono molti magazzini ma i temuti gas di scarico non ci sono (l’unica fabbrica che troviamo è quella dei pneumatici Bridgestone ma è circondata dai prati). L’unico neo è che è molto lunga. Sarà che siamo stanchi (io arrivo letteralmente aggrappato al bastone) ma per arrivare al centro di Burgos impieghiamo quasi due ore. Ad accoglierci in centro una signora olandese che ci ferma. Ha percorso il cammino qualche anno fa e dalle domande che ci fa capiamo che ne ha una grande nostalgia. È davvero felice di vedere noi pellegrini. Salutiamo la signora e ci dirigiamo verso la magnifica cattedrale. Mi piacerebbe visitarla ma è a pagamento c’è fila e ho bisogno di una doccia. Larry decide di regalarsi una notte in albergo dopo la tappa di oggi (anche lui è partito da Villafranca) mentre io vado all’albergo del pellegrino per una doccia.
Conclusione del viaggio e considerazioni personali:
Il mio cammino per stavolta termina qui. Stanotte prenderò un pullman che mi porterà a Santiago e poi di lì un aereo per Roma. È stata dura arrivare sin qui. Per allungare le tappe ho abbandonato tante persone con cui mi sono trovato sempre bene: Enzo, Nicola, Bertie e Marie, il gruppetto di Pamplona, il gruppetto di Puente la Reina, il gruppetto di Estella. Molto meno rimpiango il gruppo di Mario Matteo Michele (le tre M), Chiara e Lucia. Non abbiamo mai legato nonostante negli ultimi cinque giorni ci siamo incrociati spesso. Li ho re-incontrati all’albergo di Burgos. Mi hanno dato anche la fregatura finale. A Matteo dico: mangiamo tutti insieme stasera. Lui prima mi dice di si poi mi fa dire da Chiara che preferiscono mangiare tra di loro. Ma perché? Che delusione che ci siano pellegrini del genere. Matteo prende il mio stesso pullman per Santiago e poi prenderà anche il mio stesso aereo per Roma. Ma in pullman come in aereo viaggiamo ben distanziati. Non lo sopporto proprio quel ragazzo presuntuoso e lui non sopporta me.
A mezzanotte prendo il pullman per Santiago. Sono molto stanco per la lunga giornata di cammino e quindi dormo tutto il viaggio. Al mattino mi sveglio quando siamo vicini a Santiago. Vedo centinaia di pellegrini che camminano come in processione. Certo non è proprio la stessa cosa arrivare a Santiago in pullman anziché a piedi. Sceso dal pullman vado subito al seminario minore per vedere se c’è posto che per fortuna trovo. La mattina vado in cattedrale e assisto alla messa del pellegrino (che mi è sembrata più una messa del turista visto che io ero circondato da persone che avevano tutt'altro che l'aria del pellegrino e che tentavano in tutti i modi di avere il posto a sedere che io previdente mi ero assicurato con un’ora di anticipo). Dopo pranzo torno in albergo per riposare ma mi sveglio alle 18. giusto in tempo per andare alla porta santa. Dopo la porta santa c’è il passaggio obbligato per l’abbraccio alla statua del Santo ma non essendo arrivato a piedi non mi sembra corretto abbracciare la statua (mi limito a dire: ci vediamo la prossima volta). La sera cercando un posto per mangiare trovo per caso un ristorante poco fuori dal centro. scopro che è gestito da un'italiana e da un tunisino e fanno cucina galiziana-italiana-greca e tunisina. mi ci voleva proprio una bella chiacchierata in italiano con la signora che gestisce il locale la quale mi racconta un sacco di cose interessante sui galiziani e gli spagnoli in generale. Mi offre un sacco di cose in più fuori dal menù che ho scelto e non me le fa neanche pagare. Sono stato proprio bene in quel ristorante. Prima di tornare in albergo ripasso per la cattedrale. In piazza sotto i portici ci sono i suonatori in costume che suonano canti popolari. Vedere questi ragazzi che cantano e ballano ti riempie il cuore. Torno in albergo davvero felice di aver vissuto questi giorni qui e dispiaciuto allo stesso tempo per non aver potuto continuare il cammino.
Ma tornerò... Questo è poco ma sicuro.
Oggi mi aspetta l’ultima tappa. Sono circa 38 km e quindi decido di partire presto. Alle 6,45 sto uscendo da Villafranca. Ancora non è sorto il sole ma c’è abbastanza luce per camminare. Il sentiero sale tra gli alberi. Alla fine delle salite arrivo all'alto de la Pedraja, dove si trova una colonna su cui è disegnata una colomba in ricordo di alcuni partigiani fucilati da Franco. Accanto al monumento ci sono delle pale eoliche. È forse distraendomi a guardarle che perdo di vista le frecce. Percorro, infatti, una larga strada con ghiaia sotto le pale eoliche (ce ne sono 12) e alla fine di questa strada mi rendo conto di non vedere più frecce da tempo. Non torno indietro pensando che sia solo una strada più lunga per arrivare a San Juan de Ortega dove sono diretto. La strada continua nel bosco. Ad un tratto incontro una mucca che sta pascolando da sola. Mi guarda (che corna lunghe che ha!). Io le dico: “Stai buona eh?”. Faccio finta di ignorarla e lei ignora me. Dopo parecchi chilometri la strada esce dal bosco e in lontananza vedo un paesino. Allungo il passo curioso di sapere se sia San Juan de Ortega. Arrivo al cartello che però m’informa che sono a Cerraton De Juarros. Il paesino è vuoto. C’è solo un bar ma è chiuso. Incontro un vecchietto in bicicletta. Mi dice che san Juan è lontano 10 km e si raggiunge percorrendo la strada di campagna. Ormai giunto qui non ho scelta: m'incammino per questa strada. Sulla strada non passa alcuna macchina né in un senso né nell’altro. Dopo 3 km incontro il paese di Villaescusa la Sombria. Anche in questo paese non gira nessuno ma c’è un bar aperto. Chiedo aiuto al barista. Nel bar c'è anche una mappa ma il barista non mi vuole aiutare. Alla mia domanda dove siamo mi risponde che non lo sa. Alla domanda "come si chiama questo posto?" la risposta è sempre la stessa. Non capisco perché non mi voglia aiutare in alcun modo. Abbandono perciò il bar mandando al diavolo quel barista e vengo preso dallo sconforto. Piango lacrime amare per non essere tornato indietro appena dopo essermi accorto che non ero più sul cammino, per il timore (la certezza in mancanza di aiuto) di non poter arrivare a Burgos entro oggi. Ho già fatto almeno 10 km ed altrettanti me ne aspettano. In paese non c'è nessuno. Chiamo a voce alta perché qualcuno mi risponda, ma a rispondermi ci sono solo cani che abbaiano. Ad un tratto uno mi segue anche. In senso opposto al mio arriva un ciclista. Gli chiedo quanto manchi a San Juan. Guardando sul suo contachilometri mi dice: “Ancora 10 km”. La sua risposta mi getta ancor di più nello sconforto perché ciò vuol dire che sono ancora di più di quelli che mi avevano detto a Cerraton de Juarros. Continuo a camminare e finalmente arriva una macchina ma nel senso opposto al mio. È una signora carica di buste della spesa. Le chiedo per San Juan de Ortega e mi dice di continuare dritto. Le chiedo se mi può dare un passaggio, ma la risposta è negativa. Vedendo la mia faccia sconvolta, la signora mi dice: “Animo! Animo!”. Ma io a quelle parole avrei risposto con parolacce ("animo" un cavolo…). Continuo a camminare e poco dopo passa una macchina che stavolta va nella mia stessa direzione. Faccio segno di fermarsi ma mi evita e mi suona pure il clacson. Sono sempre più sconvolto e subito dopo sento arrivare dietro di me un pullman di linea. Lo fermo e chiedo se mi può portare a San Juan de Ortega e l’autista mi fa salire. Chiedo quanto devo pagare per il biglietto ma l’autista mi dice niente. Sull’autobus c’è solo un vecchietto che siede nei primi posti. A lui racconto come sono finito lì e mi conforta. Il pullman percorre la strada di campagna a gran velocità e vedo quella strada che avrei dovuto percorrere a piedi senza l’aiuto dell’autista. Erano davvero tanti km. Il pullman mi lascia appena fuori San Juan de Ortega. Insisto per pagare almeno una mancia all’autista ma lui rifiuta categoricamente. Mi dice: “Va! Buen camino!” lo ringrazio davvero tanto e gli auguro ogni bene. Percorro i 500 metri che mi separano dal paese e vedo una freccia gialla che va in senso opposto. Capisco che quella è l’uscita dal paese, ma continuo comunque dritto per andare al bar. Dopo tutte queste emozioni ho bisogno un attimo di riprendermi. Al bar incontro le 3 M, Chiara e Lucia che si sono fermati a bere birra. Mi vedono arrivare in senso contrario e mi chiedono perché. Racconto la storia ma non ricevo la solidarietà che speravo. La mia storia li lascia abbastanza indifferenti. Dopo un attimo di tregua riprendiamo il cammino verso Atapuerca. È davvero una gioia essere di nuovo sul cammino. In un tratto il cammino è invaso dalle mucche. Dobbiamo fare lo slalom per evitarle (attenzione alle code!). Ad Atapuerca loro si fermano per il pranzo su un prato. Io preferisco prima passare l’ultimo tratto in salita prima di arrivare a Burgos. Dopo una mezz’oretta in salita arrivo in cima a un Alto desolato con pochi alberi dove si trova una grossa croce di legno. Attraversato questo piccolo altopiano ammiro la città di Burgos dall’alto. Mangio un panino sotto un piccolo albero con Burgos proprio davanti a me. Sono finalmente sereno e felice per essere arrivato sin lì soprattutto dopo il brutto imprevisto avuto stamattina. Per arrivare a Burgos dovrò attraversare un immenso campo desolato senza neanche un cespuglio. Dopo mangiato mi avvio per l’ultimo tratto sotto il sole. Grazie al cielo oggi c’è un bel vento fresco che non mi fa soffrire il caldo. Sceso giù dall’Alto ed al bivio seguo l’indicazione del descrittivo di Flavio: non vado a sinistra con le frecce, ma vado a destra in salitella. Sul pianoro trovo altre frecce gialle che vanno dritte verso il ponte dell’autostrada e Villafria senza passare per i paesi. La scorciatoia mi fa risparmiare 6 km (dopo il “largo giro” di stamattina questa scorciatoia mi serve proprio). Lungo questo sentiero alternativo ad un certo punto trovo delle frecce che mi mandano a sinistra invece che continuare dritto verso l’autostrada. È una deviazione ingannevole perché porta verso un sentiero che ben presto muore (ma perché hanno messo queste frecce sbagliate?). Capisco che si tratta di un sentiero sbagliato che ben presto muore. Decido di camminare a vista e continuo dritto senza seguire quelle frecce ingannevoli. Davanti a me vedo l’autostrada e spero di trovare il ponte per attraversarla. Passano due contadini sopra un trattore e chiedo se quella strada è giusta per Villafria (dopo stamattina non ho intenzione di sbagliare...) e mi dicono di sì. Continuo dritto e dopo qualche km si arriva al ponte. Superato il ponte, il sentiero continua ma dev’essere poco frequentato perché l’erba inizia ad essere un po’ alta. Arrivo finalmente alla strada asfaltata e da lontano vedo Villafria. Incontro Larry, pellegrino italiano dal nome straniero, che avevo già incontrato sulla salita dopo Atapuerca e che ha fatto il cammino classico per i paesi. Arrivati a Villafria alle 15 ci ristoriamo alla fontanella e ci fermiamo a riposarci su una panchina. Larry è indeciso se prendere l’autobus per non affrontare la zona industriale. Alla fine lo convinco a venire a piedi con me: io penso che il cammino vada preso per quello che è bello o brutto che sia. Dopo esserci riposati ci incamminiamo. Mi aspettavo molto peggio questa zona industriale. Mi aspettavo una strada tra le industrie dall’aria irrespirabile. Invece trovo un grande stradone periferico con dei grandi marciapiedi che in alcuni punti è anche alberato (alberi sotto cui noi facciamo attenzione a passare per ripararci un poco del sole). Ci sono molti magazzini ma i temuti gas di scarico non ci sono (l’unica fabbrica che troviamo è quella dei pneumatici Bridgestone ma è circondata dai prati). L’unico neo è che è molto lunga. Sarà che siamo stanchi (io arrivo letteralmente aggrappato al bastone) ma per arrivare al centro di Burgos impieghiamo quasi due ore. Ad accoglierci in centro una signora olandese che ci ferma. Ha percorso il cammino qualche anno fa e dalle domande che ci fa capiamo che ne ha una grande nostalgia. È davvero felice di vedere noi pellegrini. Salutiamo la signora e ci dirigiamo verso la magnifica cattedrale. Mi piacerebbe visitarla ma è a pagamento c’è fila e ho bisogno di una doccia. Larry decide di regalarsi una notte in albergo dopo la tappa di oggi (anche lui è partito da Villafranca) mentre io vado all’albergo del pellegrino per una doccia.
Conclusione del viaggio e considerazioni personali:
Il mio cammino per stavolta termina qui. Stanotte prenderò un pullman che mi porterà a Santiago e poi di lì un aereo per Roma. È stata dura arrivare sin qui. Per allungare le tappe ho abbandonato tante persone con cui mi sono trovato sempre bene: Enzo, Nicola, Bertie e Marie, il gruppetto di Pamplona, il gruppetto di Puente la Reina, il gruppetto di Estella. Molto meno rimpiango il gruppo di Mario Matteo Michele (le tre M), Chiara e Lucia. Non abbiamo mai legato nonostante negli ultimi cinque giorni ci siamo incrociati spesso. Li ho re-incontrati all’albergo di Burgos. Mi hanno dato anche la fregatura finale. A Matteo dico: mangiamo tutti insieme stasera. Lui prima mi dice di si poi mi fa dire da Chiara che preferiscono mangiare tra di loro. Ma perché? Che delusione che ci siano pellegrini del genere. Matteo prende il mio stesso pullman per Santiago e poi prenderà anche il mio stesso aereo per Roma. Ma in pullman come in aereo viaggiamo ben distanziati. Non lo sopporto proprio quel ragazzo presuntuoso e lui non sopporta me.
A mezzanotte prendo il pullman per Santiago. Sono molto stanco per la lunga giornata di cammino e quindi dormo tutto il viaggio. Al mattino mi sveglio quando siamo vicini a Santiago. Vedo centinaia di pellegrini che camminano come in processione. Certo non è proprio la stessa cosa arrivare a Santiago in pullman anziché a piedi. Sceso dal pullman vado subito al seminario minore per vedere se c’è posto che per fortuna trovo. La mattina vado in cattedrale e assisto alla messa del pellegrino (che mi è sembrata più una messa del turista visto che io ero circondato da persone che avevano tutt'altro che l'aria del pellegrino e che tentavano in tutti i modi di avere il posto a sedere che io previdente mi ero assicurato con un’ora di anticipo). Dopo pranzo torno in albergo per riposare ma mi sveglio alle 18. giusto in tempo per andare alla porta santa. Dopo la porta santa c’è il passaggio obbligato per l’abbraccio alla statua del Santo ma non essendo arrivato a piedi non mi sembra corretto abbracciare la statua (mi limito a dire: ci vediamo la prossima volta). La sera cercando un posto per mangiare trovo per caso un ristorante poco fuori dal centro. scopro che è gestito da un'italiana e da un tunisino e fanno cucina galiziana-italiana-greca e tunisina. mi ci voleva proprio una bella chiacchierata in italiano con la signora che gestisce il locale la quale mi racconta un sacco di cose interessante sui galiziani e gli spagnoli in generale. Mi offre un sacco di cose in più fuori dal menù che ho scelto e non me le fa neanche pagare. Sono stato proprio bene in quel ristorante. Prima di tornare in albergo ripasso per la cattedrale. In piazza sotto i portici ci sono i suonatori in costume che suonano canti popolari. Vedere questi ragazzi che cantano e ballano ti riempie il cuore. Torno in albergo davvero felice di aver vissuto questi giorni qui e dispiaciuto allo stesso tempo per non aver potuto continuare il cammino.
Ma tornerò... Questo è poco ma sicuro.