Ormai è una settimana che il mio cammino è terminato. Ma dopo il disorientamento iniziale ora già comincia a mancarmi. Decido perciò di raccontarvi com’è andata.
10 agosto st jean pied de port.
Arrivo a st jean in serata. Il treno bayonne-st jean è stato ripristinato anche se quello che prendo io ha dei problemi tecnici e parte con 20 minuti di ritardo. Sul treno con me trovo una coppia di pellegrini australiani, un pellegrino francese e una ragazza che solo dopo scoprirò essere italiana. Dal treno vedo i magnifici paesini sui pirenei (cambo les bains con le sue colline verdi mi ha colpito particolarmente). Lungo la ferrovia scorre un fiume. Vediamo ragazzi che vanno in canoa, fanno rafting e ci salutano. Altri fanno il bagno o si buttano dagli scogli. Non pensavo fossero così verdi i pirenei. Arrivo a St Jean e m’incammino verso la cittadella e l’accoglienza dei pellegrini. Lì mi danno fogli informativi molto preziosi sul cammino e mi trovano un posto al rifugio rue de la cittadelle 55. dopo essermi fatto la doccia esco per cena. Il paesino è pieno delle bandierine basche e non c’è traccia del tricolore francese che di solito campeggia in tutte le cittadine francesi. Scelgo un ristorante dove ceno e mangio un piatto unico che comprende la piperade (piatto di verdura tipico basco). Dopo cena vado su alla cittadella. In alto incontro una ragazza francese seduta su una panchina che guarda il tramonto. È molto carina e nonostante stia di fronte al tramonto mi saluta con un “bon jour”… ma vista l’ora non sarebbe più corretto dire buonasera? Tutto il mondo è paese... in cima alla cittadella degli spagnoli si stanno cucinando la cena su un fornelletto. La vista sul paese è davvero spettacolare. Scendo giù dalla cittadella e davanti l’albergo incontro due ragazzi italiani: Nicola da Arezzo e Valentina di Milano. Hanno la mia età (25 anni) e ci mettiamo a chiacchierare del più e del meno. Lei ci racconta che si trova quasi per caso sul cammino e che è partita su impulso della cugina che qualche giorno prima era andata a casa sua “per farle le carte” e le aveva proposto di partire con lei. Lei appena lasciatasi con il ragazzo andato in vacanza senza di lei ha preparato lo zaino ed è partita con la cugina. Lui è partito da solo come me dopo aver perso il lavoro. io racconto che ho già fatto l'anno scorso gli ultimi 100 km del cammino e che quest'anno ho voluto ricominciare dall'inizio per farlo tutto. valentina subito mi rimprovera per aver fatto già l'ultima parte. mi chiede: ma di che segno sei che fai queste cose? (grr proprio io che non sopporto gli oroscopi..) mi giustifico dicendo che l'anno scorso sono andato sul cammino con un gruppo di amici non sapendo quasi cosa fosse il cammino. Rientriamo in albergo e si va a dormire. Domani ci aspetta una tappa molto dura (la signora dell’accoglienza ci ha avvertito: la tappa è “tres tres dure”) .
11 agosto st. Jean pied de port – Roncisvalle
Mi sveglio presto e faccio colazione nell’albergue che è servita dalla stessa signora che mi ha accolto all’accoglienza il giorno prima. Alle 7 parto e passo sotto la torre con l’orologio. Appena usciti dal paese la strada inizia subito a salire. Davanti a me vedo la ragazza che era ieri sul treno con me. La saluto e dall’accento capisco che è italiana. Le dico: ma me lo potevi dire ieri sul treno che eri italiana! E lei mi risponde: ma non ti ho sentito parlare! È bassina di statura ed ha forse uno zaino un po’ troppo carico tanto che già nella prima salita procede con qualche difficoltà. Dopo poco la saluto e vado avanti. Non la rivedrò più… la strada asfaltata continua a salire ed il cammino la abbandona solo in alcuni punti. Saliti in alto la vista è spettacolare: siamo sopra le nuvole. Sembra di vedere un lago (le nubi) da cui ogni tanto spunta la cima di qualche montagna che spunta. Arrivo al rifugio di orisson e mi rendo conto di essere sprovvisto di cibo per il pranzo. Acquisto perciò un panino. Al rifugio mi raggiunge Nicola partito poco dopo di me. Lui essendo arrivato a St Jean nel pomeriggio si era premunito facendo spesa al supermercato per il giorno dopo. In mano porta una grossa busta termica con i viveri che però dice gli dà impiccio. Ho con me solo una bottiglietta d’acqua da ½ tra l’altro piena a metà. Imprudentemente penso di poter arrivare alla fontana di orlando e dissetarmi lì. Non potevo sapere che alla fonte mancavano ancora parecchi km (e salite ancora più erte). Proseguo con Nicola lungo la salita. Ogni tanto qualche macchina che va in alto ci supera. Il paesaggio delle montagne intorno è comunque bellissimo (molto verde) e ci divertiamo a fare l’eco. Ben presto lungo le salite l’acqua finisce ed io non vedo l’ora di arrivare alla fontana di orlando che però non si vede. Da lontano vedo un capannello di persone e penso sia la fonte. Ci avviciniamo e si tratta di un camioncino-chiosco. Il signore appena ci vede arrivare senza che noi aprissimo bocca ci dice: italiani! Ancora mi chiedo da cosa lo avesse capito dato che nell’abbigliamento non avevamo alcun riferimento all’Italia. Ci timbra la credenziale ed io acquisto un succo d’arancia che davvero mi ha rinfrancato non poco visto che l’acqua era finita... il signore sembra proprio non farlo per soldi i prezzi sono modici e si diverte a conversare coi pellegrini. Ha una tabella dove si segna la nazionalità di quelli che passano. mentre ci troviamo lì a chiacchierare un rapace (forse un'aquila purtroppo non me ne intendo) passa proprio sopra le nostre teste. Dopo questa pausa ristoratrice con Nicola ci re-incamminiamo. Dopo qualche metro sentiamo chiamare: Italia! Italia! È il signore del chiosco che ci rincorre per darci la busta con il cibo che Nicola si è scordato. È davvero gentile. Ci corre dietro lui per non farci tornare indietro a noi. Continuiamo a salire e dopo qualche km e salite erte su sentiero (mi chiedo come avrei fatto senza quel chiosco...) arriviamo alla fonte di orlando dove ci dissetiamo ulteriormente. Continuando sulla strada noto che ogni 50 m c’è un palo con un numero. Non capisco subito il motivo. Nicola che è più perspicace di me mi dice che sarà probabilmente per indicare la propria posizione nel caso si avesse bisogno di aiuto. Dopo un’ulteriore salita arriviamo sulla cima di lepoeder. Siamo molto soddisfatti di essere arrivati in cima. Dalla cima vediamo una cittadina discretamente grande che indico come Roncisvalle. Nicola mi corregge dicendo che probabilmente Roncisvalle e quella cittadina più vicina e più piccola. Lui dice che ci è passato per arrivare a st. jean e mi dice che non è così grande. Quello è probabilmente il paese dopo. Ci fermiamo a mangiare sulla cima. Ci raggiunge una bella ragazza inglese e poi clowin, un brasiliano conosciuto da nicola in albergue a st. jean. È un tipo davvero particolare: fuma come un turco, ha la faccia da orientale (dice che suo padre è giapponese) e parla solo portoghese per cui si fa fatica a capirlo. Ci racconta che in brasile ha percorso il cammino del sol che è una sorta di preparazione al cammino di santiago. Dopo un breve riposo iniziamo la ripida discesa verso Roncisvalle cui arriviamo verso le 14,45. c’è da aspettare che apra alle 16 l’albergo dei pellegrini. Nell’attesa ci stendiamo ai margini del prato davanti l’abbazia. Mi aspettavo che Roncisvalle fosse molto più grande essendo una località relativamente famosa. Invece c’è solo l’abbazia, l’albergo dei pellegrini e 2 bar-ristorante. Ad uno dei due bar ordino una coca cola che mi ristora parecchio. Alle 16 apre l’albergo e ci sistemiamo (doccia e bucato). Non c’è molto da fare a Roncisvalle e perciò aspettiamo la cena. Alle 18,30 ci ritroviamo a bere una birra al bar: io nicola, valentina e sua cugina (arrivate distrutte dalla fatica e dal sole) e tre signori sulla sessantina: angelo di parma, enzo di treviso e franco di como. Dopo la birra ceniamo tutti insieme nel ristorante interno: pasta, trota con patatine fritte e yogurt. Tutto condito da vino tinto. Dopo cena alle 20 andiamo alla messa del pellegrino. Mi aspettavo fosse più solenne. È invece una messa molto intima con luci basse e con sei sacerdoti che cantano in gregoriano. Alla fine della messa la benedizione del pellegrino e il salve regina in latino. È molto suggestivo e toccante. Dopo la messa si va a dormire. Siamo tutti abbastanza cotti..
(continua)
10 agosto st jean pied de port.
Arrivo a st jean in serata. Il treno bayonne-st jean è stato ripristinato anche se quello che prendo io ha dei problemi tecnici e parte con 20 minuti di ritardo. Sul treno con me trovo una coppia di pellegrini australiani, un pellegrino francese e una ragazza che solo dopo scoprirò essere italiana. Dal treno vedo i magnifici paesini sui pirenei (cambo les bains con le sue colline verdi mi ha colpito particolarmente). Lungo la ferrovia scorre un fiume. Vediamo ragazzi che vanno in canoa, fanno rafting e ci salutano. Altri fanno il bagno o si buttano dagli scogli. Non pensavo fossero così verdi i pirenei. Arrivo a St Jean e m’incammino verso la cittadella e l’accoglienza dei pellegrini. Lì mi danno fogli informativi molto preziosi sul cammino e mi trovano un posto al rifugio rue de la cittadelle 55. dopo essermi fatto la doccia esco per cena. Il paesino è pieno delle bandierine basche e non c’è traccia del tricolore francese che di solito campeggia in tutte le cittadine francesi. Scelgo un ristorante dove ceno e mangio un piatto unico che comprende la piperade (piatto di verdura tipico basco). Dopo cena vado su alla cittadella. In alto incontro una ragazza francese seduta su una panchina che guarda il tramonto. È molto carina e nonostante stia di fronte al tramonto mi saluta con un “bon jour”… ma vista l’ora non sarebbe più corretto dire buonasera? Tutto il mondo è paese... in cima alla cittadella degli spagnoli si stanno cucinando la cena su un fornelletto. La vista sul paese è davvero spettacolare. Scendo giù dalla cittadella e davanti l’albergo incontro due ragazzi italiani: Nicola da Arezzo e Valentina di Milano. Hanno la mia età (25 anni) e ci mettiamo a chiacchierare del più e del meno. Lei ci racconta che si trova quasi per caso sul cammino e che è partita su impulso della cugina che qualche giorno prima era andata a casa sua “per farle le carte” e le aveva proposto di partire con lei. Lei appena lasciatasi con il ragazzo andato in vacanza senza di lei ha preparato lo zaino ed è partita con la cugina. Lui è partito da solo come me dopo aver perso il lavoro. io racconto che ho già fatto l'anno scorso gli ultimi 100 km del cammino e che quest'anno ho voluto ricominciare dall'inizio per farlo tutto. valentina subito mi rimprovera per aver fatto già l'ultima parte. mi chiede: ma di che segno sei che fai queste cose? (grr proprio io che non sopporto gli oroscopi..) mi giustifico dicendo che l'anno scorso sono andato sul cammino con un gruppo di amici non sapendo quasi cosa fosse il cammino. Rientriamo in albergo e si va a dormire. Domani ci aspetta una tappa molto dura (la signora dell’accoglienza ci ha avvertito: la tappa è “tres tres dure”) .
11 agosto st. Jean pied de port – Roncisvalle
Mi sveglio presto e faccio colazione nell’albergue che è servita dalla stessa signora che mi ha accolto all’accoglienza il giorno prima. Alle 7 parto e passo sotto la torre con l’orologio. Appena usciti dal paese la strada inizia subito a salire. Davanti a me vedo la ragazza che era ieri sul treno con me. La saluto e dall’accento capisco che è italiana. Le dico: ma me lo potevi dire ieri sul treno che eri italiana! E lei mi risponde: ma non ti ho sentito parlare! È bassina di statura ed ha forse uno zaino un po’ troppo carico tanto che già nella prima salita procede con qualche difficoltà. Dopo poco la saluto e vado avanti. Non la rivedrò più… la strada asfaltata continua a salire ed il cammino la abbandona solo in alcuni punti. Saliti in alto la vista è spettacolare: siamo sopra le nuvole. Sembra di vedere un lago (le nubi) da cui ogni tanto spunta la cima di qualche montagna che spunta. Arrivo al rifugio di orisson e mi rendo conto di essere sprovvisto di cibo per il pranzo. Acquisto perciò un panino. Al rifugio mi raggiunge Nicola partito poco dopo di me. Lui essendo arrivato a St Jean nel pomeriggio si era premunito facendo spesa al supermercato per il giorno dopo. In mano porta una grossa busta termica con i viveri che però dice gli dà impiccio. Ho con me solo una bottiglietta d’acqua da ½ tra l’altro piena a metà. Imprudentemente penso di poter arrivare alla fontana di orlando e dissetarmi lì. Non potevo sapere che alla fonte mancavano ancora parecchi km (e salite ancora più erte). Proseguo con Nicola lungo la salita. Ogni tanto qualche macchina che va in alto ci supera. Il paesaggio delle montagne intorno è comunque bellissimo (molto verde) e ci divertiamo a fare l’eco. Ben presto lungo le salite l’acqua finisce ed io non vedo l’ora di arrivare alla fontana di orlando che però non si vede. Da lontano vedo un capannello di persone e penso sia la fonte. Ci avviciniamo e si tratta di un camioncino-chiosco. Il signore appena ci vede arrivare senza che noi aprissimo bocca ci dice: italiani! Ancora mi chiedo da cosa lo avesse capito dato che nell’abbigliamento non avevamo alcun riferimento all’Italia. Ci timbra la credenziale ed io acquisto un succo d’arancia che davvero mi ha rinfrancato non poco visto che l’acqua era finita... il signore sembra proprio non farlo per soldi i prezzi sono modici e si diverte a conversare coi pellegrini. Ha una tabella dove si segna la nazionalità di quelli che passano. mentre ci troviamo lì a chiacchierare un rapace (forse un'aquila purtroppo non me ne intendo) passa proprio sopra le nostre teste. Dopo questa pausa ristoratrice con Nicola ci re-incamminiamo. Dopo qualche metro sentiamo chiamare: Italia! Italia! È il signore del chiosco che ci rincorre per darci la busta con il cibo che Nicola si è scordato. È davvero gentile. Ci corre dietro lui per non farci tornare indietro a noi. Continuiamo a salire e dopo qualche km e salite erte su sentiero (mi chiedo come avrei fatto senza quel chiosco...) arriviamo alla fonte di orlando dove ci dissetiamo ulteriormente. Continuando sulla strada noto che ogni 50 m c’è un palo con un numero. Non capisco subito il motivo. Nicola che è più perspicace di me mi dice che sarà probabilmente per indicare la propria posizione nel caso si avesse bisogno di aiuto. Dopo un’ulteriore salita arriviamo sulla cima di lepoeder. Siamo molto soddisfatti di essere arrivati in cima. Dalla cima vediamo una cittadina discretamente grande che indico come Roncisvalle. Nicola mi corregge dicendo che probabilmente Roncisvalle e quella cittadina più vicina e più piccola. Lui dice che ci è passato per arrivare a st. jean e mi dice che non è così grande. Quello è probabilmente il paese dopo. Ci fermiamo a mangiare sulla cima. Ci raggiunge una bella ragazza inglese e poi clowin, un brasiliano conosciuto da nicola in albergue a st. jean. È un tipo davvero particolare: fuma come un turco, ha la faccia da orientale (dice che suo padre è giapponese) e parla solo portoghese per cui si fa fatica a capirlo. Ci racconta che in brasile ha percorso il cammino del sol che è una sorta di preparazione al cammino di santiago. Dopo un breve riposo iniziamo la ripida discesa verso Roncisvalle cui arriviamo verso le 14,45. c’è da aspettare che apra alle 16 l’albergo dei pellegrini. Nell’attesa ci stendiamo ai margini del prato davanti l’abbazia. Mi aspettavo che Roncisvalle fosse molto più grande essendo una località relativamente famosa. Invece c’è solo l’abbazia, l’albergo dei pellegrini e 2 bar-ristorante. Ad uno dei due bar ordino una coca cola che mi ristora parecchio. Alle 16 apre l’albergo e ci sistemiamo (doccia e bucato). Non c’è molto da fare a Roncisvalle e perciò aspettiamo la cena. Alle 18,30 ci ritroviamo a bere una birra al bar: io nicola, valentina e sua cugina (arrivate distrutte dalla fatica e dal sole) e tre signori sulla sessantina: angelo di parma, enzo di treviso e franco di como. Dopo la birra ceniamo tutti insieme nel ristorante interno: pasta, trota con patatine fritte e yogurt. Tutto condito da vino tinto. Dopo cena alle 20 andiamo alla messa del pellegrino. Mi aspettavo fosse più solenne. È invece una messa molto intima con luci basse e con sei sacerdoti che cantano in gregoriano. Alla fine della messa la benedizione del pellegrino e il salve regina in latino. È molto suggestivo e toccante. Dopo la messa si va a dormire. Siamo tutti abbastanza cotti..
(continua)