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Diario la strada per compostela - prima parte

paolo_botta

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Ormai è una settimana che il mio cammino è terminato. Ma dopo il disorientamento iniziale ora già comincia a mancarmi. Decido perciò di raccontarvi com’è andata.

10 agosto st jean pied de port.
Arrivo a st jean in serata. Il treno bayonne-st jean è stato ripristinato anche se quello che prendo io ha dei problemi tecnici e parte con 20 minuti di ritardo. Sul treno con me trovo una coppia di pellegrini australiani, un pellegrino francese e una ragazza che solo dopo scoprirò essere italiana. Dal treno vedo i magnifici paesini sui pirenei (cambo les bains con le sue colline verdi mi ha colpito particolarmente). Lungo la ferrovia scorre un fiume. Vediamo ragazzi che vanno in canoa, fanno rafting e ci salutano. Altri fanno il bagno o si buttano dagli scogli. Non pensavo fossero così verdi i pirenei. Arrivo a St Jean e m’incammino verso la cittadella e l’accoglienza dei pellegrini. Lì mi danno fogli informativi molto preziosi sul cammino e mi trovano un posto al rifugio rue de la cittadelle 55. dopo essermi fatto la doccia esco per cena. Il paesino è pieno delle bandierine basche e non c’è traccia del tricolore francese che di solito campeggia in tutte le cittadine francesi. Scelgo un ristorante dove ceno e mangio un piatto unico che comprende la piperade (piatto di verdura tipico basco). Dopo cena vado su alla cittadella. In alto incontro una ragazza francese seduta su una panchina che guarda il tramonto. È molto carina e nonostante stia di fronte al tramonto mi saluta con un “bon jour”… ma vista l’ora non sarebbe più corretto dire buonasera? Tutto il mondo è paese... in cima alla cittadella degli spagnoli si stanno cucinando la cena su un fornelletto. La vista sul paese è davvero spettacolare. Scendo giù dalla cittadella e davanti l’albergo incontro due ragazzi italiani: Nicola da Arezzo e Valentina di Milano. Hanno la mia età (25 anni) e ci mettiamo a chiacchierare del più e del meno. Lei ci racconta che si trova quasi per caso sul cammino e che è partita su impulso della cugina che qualche giorno prima era andata a casa sua “per farle le carte” e le aveva proposto di partire con lei. Lei appena lasciatasi con il ragazzo andato in vacanza senza di lei ha preparato lo zaino ed è partita con la cugina. Lui è partito da solo come me dopo aver perso il lavoro. io racconto che ho già fatto l'anno scorso gli ultimi 100 km del cammino e che quest'anno ho voluto ricominciare dall'inizio per farlo tutto. valentina subito mi rimprovera per aver fatto già l'ultima parte. mi chiede: ma di che segno sei che fai queste cose? (grr proprio io che non sopporto gli oroscopi..) mi giustifico dicendo che l'anno scorso sono andato sul cammino con un gruppo di amici non sapendo quasi cosa fosse il cammino. Rientriamo in albergo e si va a dormire. Domani ci aspetta una tappa molto dura (la signora dell’accoglienza ci ha avvertito: la tappa è “tres tres dure”) .

11 agosto st. Jean pied de port – Roncisvalle
Mi sveglio presto e faccio colazione nell’albergue che è servita dalla stessa signora che mi ha accolto all’accoglienza il giorno prima. Alle 7 parto e passo sotto la torre con l’orologio. Appena usciti dal paese la strada inizia subito a salire. Davanti a me vedo la ragazza che era ieri sul treno con me. La saluto e dall’accento capisco che è italiana. Le dico: ma me lo potevi dire ieri sul treno che eri italiana! E lei mi risponde: ma non ti ho sentito parlare! È bassina di statura ed ha forse uno zaino un po’ troppo carico tanto che già nella prima salita procede con qualche difficoltà. Dopo poco la saluto e vado avanti. Non la rivedrò più… la strada asfaltata continua a salire ed il cammino la abbandona solo in alcuni punti. Saliti in alto la vista è spettacolare: siamo sopra le nuvole. Sembra di vedere un lago (le nubi) da cui ogni tanto spunta la cima di qualche montagna che spunta. Arrivo al rifugio di orisson e mi rendo conto di essere sprovvisto di cibo per il pranzo. Acquisto perciò un panino. Al rifugio mi raggiunge Nicola partito poco dopo di me. Lui essendo arrivato a St Jean nel pomeriggio si era premunito facendo spesa al supermercato per il giorno dopo. In mano porta una grossa busta termica con i viveri che però dice gli dà impiccio. Ho con me solo una bottiglietta d’acqua da ½ tra l’altro piena a metà. Imprudentemente penso di poter arrivare alla fontana di orlando e dissetarmi lì. Non potevo sapere che alla fonte mancavano ancora parecchi km (e salite ancora più erte). Proseguo con Nicola lungo la salita. Ogni tanto qualche macchina che va in alto ci supera. Il paesaggio delle montagne intorno è comunque bellissimo (molto verde) e ci divertiamo a fare l’eco. Ben presto lungo le salite l’acqua finisce ed io non vedo l’ora di arrivare alla fontana di orlando che però non si vede. Da lontano vedo un capannello di persone e penso sia la fonte. Ci avviciniamo e si tratta di un camioncino-chiosco. Il signore appena ci vede arrivare senza che noi aprissimo bocca ci dice: italiani! Ancora mi chiedo da cosa lo avesse capito dato che nell’abbigliamento non avevamo alcun riferimento all’Italia. Ci timbra la credenziale ed io acquisto un succo d’arancia che davvero mi ha rinfrancato non poco visto che l’acqua era finita... il signore sembra proprio non farlo per soldi i prezzi sono modici e si diverte a conversare coi pellegrini. Ha una tabella dove si segna la nazionalità di quelli che passano. mentre ci troviamo lì a chiacchierare un rapace (forse un'aquila purtroppo non me ne intendo) passa proprio sopra le nostre teste. Dopo questa pausa ristoratrice con Nicola ci re-incamminiamo. Dopo qualche metro sentiamo chiamare: Italia! Italia! È il signore del chiosco che ci rincorre per darci la busta con il cibo che Nicola si è scordato. È davvero gentile. Ci corre dietro lui per non farci tornare indietro a noi. Continuiamo a salire e dopo qualche km e salite erte su sentiero (mi chiedo come avrei fatto senza quel chiosco...) arriviamo alla fonte di orlando dove ci dissetiamo ulteriormente. Continuando sulla strada noto che ogni 50 m c’è un palo con un numero. Non capisco subito il motivo. Nicola che è più perspicace di me mi dice che sarà probabilmente per indicare la propria posizione nel caso si avesse bisogno di aiuto. Dopo un’ulteriore salita arriviamo sulla cima di lepoeder. Siamo molto soddisfatti di essere arrivati in cima. Dalla cima vediamo una cittadina discretamente grande che indico come Roncisvalle. Nicola mi corregge dicendo che probabilmente Roncisvalle e quella cittadina più vicina e più piccola. Lui dice che ci è passato per arrivare a st. jean e mi dice che non è così grande. Quello è probabilmente il paese dopo. Ci fermiamo a mangiare sulla cima. Ci raggiunge una bella ragazza inglese e poi clowin, un brasiliano conosciuto da nicola in albergue a st. jean. È un tipo davvero particolare: fuma come un turco, ha la faccia da orientale (dice che suo padre è giapponese) e parla solo portoghese per cui si fa fatica a capirlo. Ci racconta che in brasile ha percorso il cammino del sol che è una sorta di preparazione al cammino di santiago. Dopo un breve riposo iniziamo la ripida discesa verso Roncisvalle cui arriviamo verso le 14,45. c’è da aspettare che apra alle 16 l’albergo dei pellegrini. Nell’attesa ci stendiamo ai margini del prato davanti l’abbazia. Mi aspettavo che Roncisvalle fosse molto più grande essendo una località relativamente famosa. Invece c’è solo l’abbazia, l’albergo dei pellegrini e 2 bar-ristorante. Ad uno dei due bar ordino una coca cola che mi ristora parecchio. Alle 16 apre l’albergo e ci sistemiamo (doccia e bucato). Non c’è molto da fare a Roncisvalle e perciò aspettiamo la cena. Alle 18,30 ci ritroviamo a bere una birra al bar: io nicola, valentina e sua cugina (arrivate distrutte dalla fatica e dal sole) e tre signori sulla sessantina: angelo di parma, enzo di treviso e franco di como. Dopo la birra ceniamo tutti insieme nel ristorante interno: pasta, trota con patatine fritte e yogurt. Tutto condito da vino tinto. Dopo cena alle 20 andiamo alla messa del pellegrino. Mi aspettavo fosse più solenne. È invece una messa molto intima con luci basse e con sei sacerdoti che cantano in gregoriano. Alla fine della messa la benedizione del pellegrino e il salve regina in latino. È molto suggestivo e toccante. Dopo la messa si va a dormire. Siamo tutti abbastanza cotti..

(continua)
 
Grazie Paolo...il tuo racconto preciso e dettagliato mi ha riportato con la mente ai miei Cammini. E' bello vedere come tutto è così uguale eppure così...diverso:la cena a Roncisvalle, pastasciutta (scommetto che erano fusilli piuttosto scotti),trota con le patatine e yogurt,comincia ad essere "un classico"! Aspetto fiducioso le prossime tappe. Fly.
 
che bello, quanti ricordi
che nostalgia!!
Purtroppo causa nebbia fitta, Roncisvalle l'ho vista solo all'arrivo.
Anche io ho mangiato la trota con le patatine :D
:abbraccio:
 
TUTTI abbiamo mangiato la trota con patatine fritte....e la pasta scotta naturalmente! :lol: :lol: :lol:
 
12 agosto Roncisvalle - Zubiri
Mi sveglio alle 6 e mi alzo quando vengono accesi i grandi lampadari circolari della collegiata. Vado al piano di sotto ai bagni e quando ritorno Nicola mi informa che fuori sta piovendo... la cosa non mi fa granché piacere ma che piova o meno il pellegrino va. Franco parte prima di tutti e ci dà appuntamento a zubiri. Dopo poco sono pronto anch’io e decido di partire. Nicola e Valentina e la cugina devono ancora finire di prepararsi mentre io infilo la mantella e vado. Dò loro appuntamento lungo la strada. Esco e per fortuna non piove eccessivamente. Si va. Arrivo presto a Burguete e a causa della pioggia e della distrazione non individuo subito il bar aperto ma devo tornare indietro per individuarlo. Ordino cafe con leche e un pezzo di torta (ottima). Finita colazione esco dal bar e incrocio Valentina e la cugina: le saluto e proseguo. All’uscita del paese trovo angelo ed Enzo con cui ho cenato la sera prima. Loro non trovano la svolta e destra per uscire dal paese... sarà questa pioggia ma stamattina tutti sbagliamo con le indicazioni. Avendola già individuata prima di ritornare al bar gliela indico e proseguiamo insieme. Chiacchiero con angelo: è un tipo simpatico ed usa un linguaggio piuttosto “colorito”, ama molto lamentarsi ma almeno ti strappa qualche risata. Smette di piovere ma prudentemente lascio la mantella (dovesse ricominciare). Solo più tardi quando incontro il brasiliano clowin chiedo a lui se pensa che non pioverà più. Lui non mi capisce (parla solo portoghese) ma vedo che si toglie la mantella e così faccio anch’io (penso... se lui che è più anziano e saggio di me se la toglie vorrà dire che ha davvero smesso di piovere...). A Biscarret faccio sosta al supermercato. Compro delle pesche e del cioccolato fondente che mangio lungo il cammino. Le pesche sono davvero deliziose. È davvero bello che il Cammino ti faccia apprezzare anche delle cose così semplici che nella vita di tutti i giorni difficilmente apprezzerei. Continuo la strada con angelo ed Enzo. All’alto de erro angelo si ferma. È ancora stanco per la tappa di ieri e per i saliscendi di oggi. Continuo solo con Enzo ed arriviamo a zubiri. Mangiamo all’alimentari un panino. Io mi sparo una baguette intera al prosciutto cotto. Sono le 13,30 e con Enzo decidiamo di fermarci all’albergue cittadino. Non ci va di arrivare fino a Larrasoana. Pensiamo che anche tutti gli altri poi ci avrebbero raggiunto ma non arriva nessuno. Arriva solo clowin. È presto e l’albergue è ancora mezzo vuoto. Perciò mi sistemo con tutta calma. Faccio anche un riposino che però è disturbato dalle mosche. Nel pomeriggio vado alla ricerca della farmacia: mi servono dei cerotti: il grosso bordon che mi accompagna (acquistato nel cammino l’anno scorso) mi ha fatto venire quattro vesciche sulla mano. Dopo qualche ricerca trovo la farmacia e spendo 10 euro in cerotti tra compeed (poco utili quando la vescica ti è già venuta) e normali. Alle 19 ceno con Enzo alla locanda del paese. Mi racconta un po’ della sua vita: è ferroviere in pensione e con la pensione si gode la famiglia, si occupa della casa e dell’orto, e cammina. Ha già fatto il cammino partendo da Burgos e ha percorso la via francigena. Ascolto tutti i suoi racconti con ammirazione. Sul telefonino mi arriva un messaggio di mio padre: “sono fiero di te” (eh per così poco…). Si va a dormire e domani si va a Pamplona!

13 agosto Zubiri – Pamplona
Alle 4,50 nella camerata suona la prima sveglia che sveglia anche me (non riesco a riaddormentarmi). Poco male vorrà dire che si parte presto. Alle 6,30 parto con Enzo appena prima che si faccia giorno. Percorriamo la strada verso Larrasoana e notiamo gli ingannevoli cartelli: un primo cartello dice che mancano due chilometri. Passati questi 2 km un altro cartello con scritto ancora che mancano 2 km. Fino ad Arre non c’è colazione perciò mi aiuto con biscotti e la buona cioccolata di Pamplona acquistata il giorno prima. Arrivati ad Arre ci fermiamo finalmente ad un bar. Enzo opta per una colazione salata (tortillas e birra) mentre io da buon italiano ci tengo a fare colazione con cappuccino e cornetto. Arriviamo a Pamplona alle 11,30 ed aspettiamo che apra l’albergo a mezzogiorno. L’albergo è molto carino e moderno ricavato da un’ex chiesa (così mi è parso di capire). Mi vengono date le lenzuola (copriletto e federa veri!) Mentre sono in bagno per la doccia mi accorgo di avere punture di insetto sulla fronte sul colle e sui piedi… penso proprio di essere stato punto dalle chinces (cimici) nel letto a zubiri. Le punture Sono rosse ma non mi danno tanto prurito. Solo ora mi rendo conto di essere uscito dal sacco a pelo durante la notte e di aver dormito sulla federa del cuscino che ho trovato lì. Il problema è che mi sono fatto ingannare dal fatto che era una federa usa e getta. Ho pensato da inesperto quale sono: beh visto che sono usa e getta le cambieranno ogni volta.. evidentemente non è così. Enzo mi dice di preoccuparmi: ben presto se ne andranno. Dopo la doccia usciamo per il pranzo ed incontriamo Nicola: ha dormito a Larrasoana ed è appena arrivato insieme ad un gruppo che definisce “multietnico”. Gli indichiamo dove si trova l’albergo. Con Enzo vado a mangiare il menu del pellegrino in un bar-ristorante. Al ritorno in albergue trovo nel cortile dell’albergo un gruppo di musicisti improvvisati tra cui Nicola. L’unico che sa suonare veramente è un ragazzo francese con i capelli rasta e la pelle nera il quale suona una piccola chitarra. Gli altri battono le mani e canticchiano. Mi unisco al gruppo ma ben presto sentiamo la mancanza di altri strumenti. Il ragazzo francese rimedia (non si sa dove in albergo) un’armonica che Nicola si offre di suonare. Io rimedio solo una bacinella per il bucato che usiamo come tamburo. Un altro suona delle boccette in metallo facendole suonare con una penna. Dopo aver suonato un po’ con questi strumenti rimediati il francese dice che servirebbe un cantante. Mi faccio avanti e delizio la platea cantando “somewhere over the rainbow” (stonando a più riprese ma è stato divertente comunque). Finito il “concerto” esco a fare un giro per la città. Sono curioso di vedere il percorso dell’encierro (la corsa dei tori che fanno a Pamplona). Lo percorro a piedi fino alla plaza de toros. Torno in albergo e incontro Nicola. Per cena decidiamo di cucinare nella bella cucina dell’albergo. Con un altro ragazzo francese, Nilo, usciamo a fare la spesa. Acquistiamo spaghetti e un sugo pronto e come vino scegliamo il più economico. Di ritorno dalla spesa mi fermo in farmacia per chiedere qualche rimedio alle punture delle chinces. La farmacista mi dice che passano da sole e che mi può dare una pomata contro il prurito. Pur non avendo granché di prurito la acquisto ugualmente. Sempre meglio di niente... Con Nicola cuciniamo la pasta in albergo e mangiamo con Nilo. Nilo ha 18 anni ed è partito da Le-Puy-en-Velay (ha già percorso perciò già oltre 700 km). Viene dall’Alsazia e finita la scuola ha preso il treno e arrivato a le puy ha cominciato a camminare. Dice che il cammino in Francia è molto duro. Beviamo il vino che ha un gusto orrendo. sembra aceto. Vabbè lo abbiamo pagato anche molto poco. Ci raggiungono al tavolo due ragazze francesi Bertie e Marie e mangiano con noi. A Bertie io e Nicola subito raccontiamo che in italia c’è una canzone di Rino Gaetano che si chiama “E Berta filava”. Le cantiamo il motivetto “e berta filava.. e filava la lana” che lei ascolta incuriosita. Ben presto si crea affinità e tra una risata e l’altra quel vino dal sapore molto poco gradevole finisce. Non l’avrei mai detto... dopo cena andiamo insieme al gruppo di musicisti improvvisati del pomeriggio a suonare in piazza a Pamplona. Stavolta io mi limito ad assistere: si sono aggiunti altri pellegrini musicanti. Uno suona un flauto l’altro l’armonica. E con un piattino raccolgono anche qualche spicciolo dai passanti. Al gruppo bene presto si uniscono anche altri artisti locali. Mentre assisto chiacchiero con un ragazzo australiano ed un inglese. Parliamo di calcio e l’australiano quando sa che sono tifoso della Roma mi confessa di odiare Totti per via dai mondiali 2006 quando Totti ha segnato all’Australia. Alle 22,30 saluto tutti e torno in albergo. Domani si va a Puente la Reina.

(continua)
 
Grazie Paolo per il tuo racconto!
Alla prossima puntata...
Buona vita,
Gianni
 
14 agosto Pamplona – Puente la Reina
Oggi sveglia comoda e si parte più tardi. Alle 7,40 sono ancora in un bar di Pamplona con Nicola a fare colazione. Il bar è pieno di persone. Molti hanno la faccia stralunata come quella di chi non è proprio andato a dormire. Molti bevono birra e superalcolici: chiediamo alla barista se è normale quella situazione e ci risponde di sì. In Italia non l’ho mai vista una scena simile. Verso l’uscita da Pamplona incontriamo Bertie, Marie e Nilo e continuiamo la strada con loro. Dalla campagna fuori Pamplona vediamo in lontananza le pale eoliche e vediamo avvicinarsi minacciose le nuvole nere cariche di pioggia. Ci preoccupiamo per la possibile salita all’alto del Perdon sotto la pioggia. Poco dopo inizia a piovere ed infiliamo le mantelle. Arrivati a Zariquiegui la pioggia cessa. Incrociamo un furgoncino che inizia a suonare forte il clacson (cosa avrà d suonare in un paese vuoto?). È il panettiere e immediatamente la gente esce dalle case per acquistare il pane. Anche noi acquistiamo una baguette calda che condividiamo con i ragazzi francesi. Dopo il paese la salita si fa più dura ma in compagnia si supera più facilmente: io dopo un po’ inizio a stancarmi, Nilo, che ha già percorso centinaia di chilometri, affronta la salita con le mani in tasca. Beato lui. Arrivati in cima rimaniamo tutti affascinati dal posto. Il monumento ai pellegrini, le pale eoliche, il panorama e.. il vento! È proprio vero che lì si incrocia il cammino delle stelle con quello del vento. Indossiamo subito le felpe. Nilo addirittura si avvolge nel sacco a pelo. Ci facciamo fotografare mischiati tra le sagome dei pellegrini e dopo poco scendiamo. La discesa è duretta e i sassi non aiutano. Per diminuire la fatica con Nicola scendiamo a zig zag. A maruzabal mi fermo su una panchina davanti una casa con Nicola a mangiare un panino. Una signora che abita lì ci offre delle susine (verdi) appena colte dal suo albero. Molto buone. Decidiamo di non deviare per santa maria de eunate. Ho visto la chiesa in tv ma sono da fare due km in più che non ci va di fare. Riprendiamo il cammino ed arriviamo a puente la reina piuttosto stanchi dopo esser passati per il paese di obanos, molto carino, che deve esser stato recentemente pavimentato con le conchiglie incastonate nel marciapiede. Ci sistemiamo in albergo. In camera con noi c’è una coppia francese, una bella ragazza di Pamplona (che ci tiene a dire di esser spagnola e non basca), Antonio, ragazzo di Torino, Sonia e veronica, due ragazze della Valtellina che avevamo già incrociato nelle tappe precedenti. Nicola mi fa notare che il letto non è molto pulito. Noto, infatti, capelli e varie macchie sul coprimaterasso. Dopo esser stato punto a zubiri dalle cimici non ho voglia di rischiare ancora altre punture (le ho sulla fronte sul collo sulle gambe e sui piedi). Dopo la doccia (che mi rinfranca parecchio) vado dall’hospitalero e gli chiedo se gentilmente è possibile cambiare il coprimaterasso sporco. Lui viene su in camera e, accertatosi che il coprimaterasso è sporco, lo cambia. Vado a fare in giro in paese ma è tutto chiuso. È il sabato prima di Ferragosto. All’unico alimentari aperto trovo Nicola, Nilo e Antonio che fanno la spesa per la cena comunitaria in albergo che hanno organizzato. Mi unisco a loro e dopo la spesa ci fermiamo in piazza per una birra al tavolo. Siedono al tavolo con noi Stefano, signore sui 30 anni di Bologna con dei baffetti neri che gli danno l’aria da vero torero spagnolo (non per niente lo chiamano esteban), Ricardo simpatico argentino che conosce bene l’Italia e l’italiano e un gruppo di spagnoli amici di Ricardo. Dopo la birra torniamo in albergo. Alla cena sono invitate parecchie persone: un gruppo di Genova (7 ragazze e un ragazzo che veglia su tutte loro), il ragazzo francese dalla pelle che suona la piccola chitarra, Bertie, Marie, Sonia, Veronica e un signore di 43 anni (ne dimostra però 10 di meno) di Savona. È sul cammino per caso: dice che si trovava a Pamplona dopo aver girato un po’ la spagna e di aver notato le indicazioni del cammino di Santiago. Dopo aver chiesto informazioni ad una pellegrina belga ha deciso di fare un pezzo di cammino. Viaggia con una borsa da palestra sulle spalle e usa i manici della borsa come spallacci. Racconta che a Madrid ha acquistato dei libri d’arte che gli pesano un po’.. e lo credo! Dopo cena si chiacchiera e si suona davanti l’albergo e poi tutti a nanna.

(continua)
 
hahahahaha, mi ha fatto morire la storia della trota....che ho ovviamente mangiato anche io a Roncisvalle.

Oggi è proprio giorno di Cammino, non solo perchè ho finalmente fatto un pò di km col mio zaino, ma perchè molti pensieri mi ci hanno portato dritto dritto.

Grazie per il racconto Paolo

Zot
 
Quanta nostalgia ... ma in ogni caso grazie per la condivisione e naturalmente Buen Camino nella cammino di ogni giorno :arrow:
 
Ma sono l'unica pellegrina che non ha mangiato la trota a Roncisvalles???
Avevo mangiato una fetentissima tortina salata presa a Bayonne in una pasticceria la mattina (era il giorno di Pasqua 2003), seduta sul letto della collegiata, domandandomi come ci ero arrivata sin lì.....
Continua i tuoi racconti Paolo, mi sembra di seguirti passo passo
 
Sardina ha scritto:
Ma sono l'unica pellegrina che non ha mangiato la trota a Roncisvalles???
Avevo mangiato una fetentissima tortina salata presa a Bayonne in una pasticceria la mattina (era il giorno di Pasqua 2003), seduta sul letto della collegiata, domandandomi come ci ero arrivata sin lì.....
Continua i tuoi racconti Paolo, mi sembra di seguirti passo passo
Pat, prima di apostrofare come "fetentissima" la tua tortina salata,dovresti assaggiare la trota! :lol: (scherzo: il pellegrino mangia tutto di buon cuore e ringrazia.) Vai Paolo! continua a farci "sognare". Fly.
 
15 agosto Puente la Reina – Estella
È Ferragosto faccio gli auguri a Nicola e Sonia che sono ancora in camera con me a preparare lo zaino prima di partire. A loro non importa molto. Dicono che non l’hanno mai festeggiato. Mah.. sarà che a me le feste tradizionali piacciono tanto.. Prima di partire mi incerotto la mano (per cercare di rimediare alle vesciche che mi procura il bordone) e i piedi (porto i sandali e in qualche punto iniziano a farmi male...). Nicola parte prima di me io qualche minuto dopo di lui. Poco fuori dall'albergo incontro due ragazze visibilmente ubriache. Mi chiamano e mi chiedono se vado a Santiago ed altre cose che non capisco data la mia non conoscenza dello spagnolo. Non capisco che vogliono da me e quindi le saluto. Attraverso il famoso ponte e mi incammino verso Maneru. Entrando in paese sento un coro che canta da lontano. Mi dirigo in direzione delle voci e trovo davanti la chiesa in paese un gruppo di persone che disposti in circolo cantano canzoni sull’Assunzione (loro sì che ci tengono alla festa). Insieme a me altri pellegrini assistono emozionati. Superata Maneru raggiungo Cirauqui dove torvo una panetteria aperta. Ho una gran fame e mi mangio due brioche al cioccolato (deliziose.. ma perché le chiamano napolitanas? Non mi risulta ci siano a Napoli!). Incontro Bertie e Marie e continuo a camminare con loro fino a Lorca dove mi fermo a bere un cafè con leche con due signori piemontesi. Sono simpatici e chiacchieriamo. Si stupiscono del fatto che sia venuto da solo ma spiego loro che la compagnia si trova strada facendo. Proseguo per Villatuerta dove incontro davanti la chiesa del paese il signore di Savona che cammina con la borsa da palestra e l’argentino Ricardo. Da fuori sentiamo i canti provenire dall’interno della chiesa. Mi affaccio ma la messa sta per finire. Che peccato! Sarebbe stato bello partecipare. Dopo poco, infatti, escono i fedeli e la maggior parte sono vestiti a festa (maglia bianca e fazzoletto rosso intorno al collo). Vederli tutti insieme è “davvero pittoresco”. Chiedo ad una signora come si chiamano i fazzoletti che portano. Ne ha uno in più e vedendo che mi piacciono me ne regala uno. Mi potrà tornare utile per proteggere il collo dal sole perché tra le altre cose ho dimenticato la crema solare.. Mangio un panino e riparto in compagnia di Bertie con la quale raggiungo Estella. Ci sistemiamo in albergue. In camera siamo in gran parte italiani: io, la coppia di piemontesi conosciuti a Lorca, tre romani e una simpatica giovane coppia di sardi con i quali parlo delle mie recenti vacanze nell’Ogliastra. Mi tolgo i sandali e mi accorgo di una grossa vescica che mi è spuntata sull’alluce. Non mi sono portato nulla per le vesciche confidando nel fatto: “Beh tanto con i sandali non vengono..”. per fortuna molto gentilmente i signori piemontesi mi prestano molto gentilmente ago filo e betadine. Non ho mai bucato una vescica e non mi sono neanche informato bene su come si fa. La buco con l’ago e faccio passare il filo ma dopo poco mi brucia la ferita interna e levo il filo. Vabbè tanto il liquido è uscito. Gli altri mi dicono che il filo andrebbe lasciato per giorni ma io non ci credo (il solito capoccione..) e me lo levo. Vabbè per oggi va bene così…
Scendo in cortile e trovo Sonia e veronica che hanno fatto amicizia con tre ragazzi Mario Michele e Matteo (detti le tre M). Matteo ha circa la mia età, è di Roma come me ed abita nel quartiere vicino al mio e addirittura prende il mio stesso aereo da Santiago il 22 agosto. Lui pensa di riuscire ad arrivare a Burgos entro il 20. io invece mi ero programmato di arrivare sempre lo stesso girono a Santo Domingo de la Calzada poi prendere un autobus per Burgos e poi un altro per Santiago. Questo fatto che loro arrivino a Burgos mi mette la pulce nell’orecchio. Certo sarebbe comodo arrivare a Burgos ma per arrivarci sono una media di 34 km al giorno.. mi faccio un giro nel paese ma essendo ferragosto ad eccezione dei bar è tutto chiuso (anche le chiese nonostante sia ferragosto). Tornando in albergue incontro Enzo. Gli racconto del nuovo incontro e lui mi consiglia di mettermi alla prova. Andiamo a cena insieme al ristorante vicino l’albergue. Anche lui ha programmato per l’indomani una tappa più lunga del solito. Anziché fermarsi a Los Arcos pensa di arrivare a Torres del Rio che sono 8,5 km in più. Decido perciò anch’io di fare la tappa più lunga e vedere come va. Torno in albergo e sono abbastanza stanco. Mi addormento presto salvo svegliarmi due ore dopo e poi di continuo a causa degli immancabili russatori.

16 agosto Estella – Torres del Rio
Oggi sveglia presto. La colazione è servita tra le 5,30 e le 6,30 ed alle sette il tutti - fuori tassativo. Data la notte assai disturbata alle 5,30 sono sveglio e scendo a fare colazione. Nella hall sono accolto dalla musica di Bob Marley sparata a tutto volume che soprattutto a prima mattina non è che mi garbi molto. Riesco a fare colazione quasi in tranquillità appena prima che arrivi il grosso delle persone. Parto poco prima delle 7 con Sonia, Veronica, le tre M e Chiara, una ragazza fiorentina. Arrivati alla fine del paese mi ricordo di non aver ritirato i panni stesi il giorno prima. Mi tocca perciò tornare indietro a riprenderli giustificando con tutti i pellegrini che mi seguivano (Nicola, Antonio, il gruppo di Genova, Ricardo.. c’erano quasi tutti..) il mio andare controcorrente. È parecchio antipatico tornare indietro. Torno all’albergo e all’hospitalero che mi apre gli indico che ho dimenticato i panni stesi. Mi dice che non posso entrare. Mi tocca descrivergli nel mio spagnolo maccheronico cosa deve prendere. Riprendo il cammino e cerco di raggiungere tutti gli altri. Li ritrovo tutti intenti a gozzovigliare alla fonte del vino di Ayegui Irache. Mi fermo anch’io a bere un po’ del vino (certo che bere vino alle 8 del mattino è davvero insolito..). Tutti insieme proseguiamo per Azqueta dove troviamo Pablito, il famoso bordonero della città, che chiacchiera con alcuni pellegrini. Con le tre M proseguo per Villamayor de Monjardin dove al rifugio parrocchiale l’hospitalero ci avverte che fino a Los Arcos non c’è più nulla. Non essendomi portato nulla per il pranzo ed avendo già una certa fame vado al bar del paese e mangio un panino. Gli altri si fermano al rifugio per una pausa. Finito il panino proseguo per Los Arcos. Lungo la strada incontro Lucia, una signora di Brescia e poi un pellegrino barese di 38 anni. Poiché stavo ascoltando l’iPod mi chiede che canzone stessi ascoltando. In quel momento stavo ascoltando "l’amore conta" di Ligabue. Subito mi dice che è meglio Vasco Rossi e che Ligabue non vale niente. Magari è pure vero ma non mi sembra il caso di sparare subito giudizi. Tolgo l’iPod e iniziamo a parlare di religione e chiesa. Ha le idee un po’ confuse e non riesco a capire cosa vuole dire. Non è tanto simpatico e dice che deve raggiungere una ragazza partita con lui che è andata avanti. inoltre, anziché camminare, corre tanto che dopo poco gli dico vai pure che io vado più piano. Mi ritrovo perciò solo in questi 12 km di nulla (non ero preparato psicologicamente a questa situazione ed il sole inizia a picchiare non essendoci neanche un albero per riposarsi). Ritrovo solo il pellegrino francese conosciuto sul treno per St Jean. All’entrata di Los Arcos, all’area de descanso, ritrovo il barese che vedendomi arrivare stanco e con una camminata incerta mi dice: tu non arriverai a Burgos. Rispondo con un evidente e scaramantico gesto delle corna. Sopraggiungono poi le tre M Sonia veronica e la fiorentina chiara con cui entriamo a Los Arcos. Ci fermiamo nella piazza del paese a mangiare qualcosa. In paese oggi è festa. Molti hanno il fazzoletto e i bambini giocano a ricorrersi con una specie di carriola con la testa di toro. nella chiesa si sta celebrando la messa (come a Villatuerta sta per finire). Dopo pranzo gli altri si fermano per riposare ma io preferisco arrivare a Torres e riposarmi lì. Alle 13,40 esco da Los Arcos dirigendomi verso Sansol. Mi attendono 8 km di campagna senza ombra. Fa parecchio caldo tanto che dopo un po’ mi sdraio sotto un basso ulivo per riposarmi. Dopo un po’ mi raggiunge Stefano, il ragazzo di Bologna con i baffetti da torero, anche lui colto impreparato dalla calura (fino ad oggi aveva fatto abbastanza fresco e soprattutto c’erano gli alberi). Si chiede perché nonostante Sansol sia dritto davanti a noi il cammino vada a destra. Decide di andare per la carretera ma io preferisco non rischiare. Arrivo a Sansol cotto dal sole e vado alla ricerca della fontanella. Poco dopo mi raggiunge Stefano anche lui bello cotto. Dopo esserci ripresi un attimo riprendiamo per l’ultimo breve tratto per Torres cui arriviamo verso le 16. troviamo posto a Casa Mari, albergue privato in cima al paese. L’hospitalera non è molto simpatica tanto che mi fa aspettare tanto con lo zaino in spalla prima di darmi una stanza. Nel cortile dell’albergue ritrovo Enzo: è davvero un piacere ritrovarlo. Lui era partito prima di me da Estella ed è arrivato verso le due. Mi vede stravolto ma mi dice: sei forte! Dopo la doccia mi sento molto meglio. Mi stendo a letto per rilassarmi un po’. In stanza siamo in cinque. Io Enzo Ricardo e al letto sotto il mio una signora non sta bene (ha una brutta tosse) ed il marito già russa nell’altro letto. Si preannuncia un’altra notte poco tranquilla. Vado a cena con Enzo: è un gran piacere parlare con lui. Ha tante cose da raccontare perché ha avuto una vita molto piena. Domani però dovremo lasciarci. Lui si ferma a Logrono mentre io devo proseguire per Navarrete. Dopo cena incontriamo le tre M arrivati nel tardo pomeriggio a Torres: alloggiano in un altro albergue. Torno in albergo e mi metto a dormire. E dopo poco arrivano la signora con la tosse con il marito che dicono che dormono altrove (la signora non sta bene). È un gran sollievo per il mio sonno. Nonostante ciò la notte non è tranquilla: fa caldo e il sacco a pelo che ho è pesante. inoltre Ricardo ed Enzo russano a turno. Risultato: dormo poco e male.

(continua)
 
Grazie Paolo,

Mi piace leggere qulr (continua) a fondo pagina ... il cammino continua sempre dentro di noi anche quando siamo davanti a un monitor.

Un abbraccio

Edo
 
...ora ci sono anch'io fra i lettori che aspettano il seguito di questo tuo cammino..

non farci aspettare troppo con il ...continua :D

(sii comprensivo con questa vecchia signora fuori di testa che quando inizia a leggere un libro lo deve finire in giornata anche a costo di rimanere alzata fino alle 4 di notte... :D :D )

Grazie Rina
 
scusate se vi faccio aspettare ma ho ripreso la mia vita impegnata ed il tempo per scrivere è poco..

17 agosto Torres del Rio – Navarrete
Sveglia alle 6.30. Ricardo mi legge in faccia che non ho praticamente dormito. Si scusa per aver russato nella notte. Non è colpa sua: la prossima volta mi porto le lenzuola dormire “sopra” il sacco a pelo non è comodo. Oggi tappa da circa 30 km. Arriverò fino a Navarrete. Anche Enzo si dice tentato di arrivare fin lì ma preferisce rispettare il programma che si era prefissato e non forzare i tempi. Si fermerà a Logrono. Parte prima di me. Io mi preparo con calma e mi incerotto i piedi. Parto poco dopo le 7. vedo il sole sorgere dietro Sansol e percorro un tratto di saliscendi camminando velocemente tanto che dopo poco raggiungo Enzo. Poco prima di Viana ci raggiunge il ragazzo di Genova che stava in un gruppo di sole ragazze e lui a vegliare su di loro. Si è un po’ stufato di “vegliare”. Il giorno prima il gruppo si è fermato a Los Arcos ma in serata hanno litigato perché non c’era accordo sulla meta del giorno successivo: fermarsi a Viana o a Logrono? Il ragazzo, stufatosi di discutere, ha deciso di mollare le ragazze e partire da solo di mattina presto. Mi fermo a Viana a far colazione con Enzo. Mentre siamo al bar, sopraggiunge il barese “petulante” incontrato sulla strada per Los Arcos. È ancora alla rincorsa della misteriosa ragazza partita con lui. Per fortuna si ferma poco e poi continua. Continuiamo la strada per Logrono sotto il sole che già comincia a picchiare ed arriviamo in città per le 11.30. è arrivato il momento di lasciarci. Ci scambiamo l’e-mail. Mi dispiace lasciare un compagno come lui che con la sua saggezza, i suoi racconti mi ha accompagnato fino a qui. Lui si ferma all’albergue mentre io proseguirò il cammino. Mi fermo nella chiesa di Santiago la Real per un po’ di raccoglimento prima di continuare il cammino. Continuo il cammino all’interno della città e vado a far la spesa al supermercato. Più avanti passando davanti ad una panetteria non resisto davanti ad una napolitana di dimensioni maxi. Mi guardo in giro. È la prima grande città che si trova sul cammino dopo Pamplona. Mi piace questo posto: sarà che sono un “animale cittadino” ma mi trovo a mio agio. Talmente a mio agio che perdo di vista le frecce gialle. Dopo qualche giro ritrovo una freccia che conduce lungo una grande viale periferico in uscita dalla città. Percorro qualche metro e mi ferma un contadino che viene in senso opposto. Mi chiede se vado a Santiago. Rispondo di sì e mi dice che quella non è la via principale per uscire dalla città ma che la giusta via sta dentro il parco. Ci tiene ad accompagnarmi personalmente fino al parco. Porta con sé un cesto pieno d'uva e al momento di salutarci mi regala due grandi grappoli di uva rossa. Sono deliziosi. Proprio questa mattina passando per i vigneti della Rioja pensavo tra me che avevo proprio voglia di un po' d'uva. Pensavo però che forse fosse ancora presto per l’uva e invece... quando si dice le “coincidenze”. Mi fermo su una panchina del parco per il pranzo dove mi gusto il mio panino, la deliziosa uva e un pezzo di napolitana. Alle 13 proseguo per navarrete. per fortuna l'uscita da logrono è in uno splendido parco alberato e che mi ripara dal caldo sole di oggi. Uscito dal parco con laghetto, ritorno sotto il sole. Intorno a me solo vigneti. In lontananza sento degli spari (come dai colpi a salve). Ho qualche timore perché non capisco né precisamente da dove vengano né perché vengano sparati (la caccia non si fa di mattina presto?) a navarrete mi diranno che sono dei colpi a salve che vengono sparati in automatico per allontanare gli uccelli dai vigneti. Più avanti il cammino è parallelo all’autostrada. Pochi metri mi dividono dalle macchine che sfrecciano a 150 km/h. in realtà a dividerci c’è una distanza molto più grande perché la vita a 150 km/h è assai lontana da quella a 4 km/h. Arrivo a navarrete stanco e cotto dal sole alle 15 e sistematomi in albergo, al bar del paese ritrovo Franco con cui avevo cenato a Roncisvalle insieme a tutti gli altri e poi perso di vista. Ha percorso il cammino insieme ad Angelo facendo tappe più lunghe di me ed Enzo. Oggi si è fermato prima perché si è stancato della compagnia di angelo. L’ha lasciato andare più avanti a Ventosa e d'ora in poi ha intenzione di fare tappe più brevi. In albergo poco dopo mi raggiunge Lucia di Brescia, la signora conosciuta sulla via per Los Arcos. Fa gruppo con le 3 M e mi dice che sono rimasti indietro a riposarsi e che arriveranno com’è loro abitudine nel tardo pomeriggio. Mentre chiacchieriamo in camera guardando i piedi mi accorgo che la vescica che ho bucato ad Estella sull’alluce si è richiusa e si sta riformando. Lucia gentilmente mi presta il suo ago, filo e betadine. Stavolta memore della volta scorsa il filo ce lo lascio. Più tardi ritrovo le 3 M sonia e veronica al bar del paese e ci beviamo una birra. Loro decidono di non fermarsi all’albergue municipale visti gli orari stretti (coprifuoco alle 21,45). Vanno ad un albergue privato e ci diamo appuntamento per cena. Faccio un giro in paese che è animato da una festa. Dopo poco mi ritrovo in una folla che va ad assistere ad uno spettacolo taurino. Mi fermo ad assistere. Lo spettacolo consiste in un toro che in una piazza rincorre dei ragazzi che si divertono a dileggiarlo. Per evitare la cornata, i ragazzi si rifugiano dietro una staccionata. È la prima volta che vedo uno spettacolo simile e non avevo opinioni in proposito. Non mi è piaciuto però questo spettacolo: pensavo che comunque ci fosse rispetto per il toro ma in questa situazione non ne ho visto molto. Mi allontano dalla festa ed incontro Lucia che sta andando all’albergue privato per andare a cena insieme agli altri. Li aspettiamo sotto il loro albergo e chiacchieriamo con Antonio il loro hospitalero. È molto simpatico (sapendo che siamo italiani ci racconta una simpatica barzelletta sul papa). Ci raggiungono i suoi amici e tutti insieme beviamo un liquore di sua produzione (è di un colore chiaro a metà strada tra il rosa e l’arancione ed è fatto con la cannella). Si beve direttamente dalla bottiglia che ha un lungo beccuccio per permettere di bere senza attaccarsi. I suoi amici sono molto gentili e simpatici. È anche il compleanno di Matteo e, quando scende, ci tengono a fargli le congratulazioni. Andiamo a mangiare in un bar del paese gremito per la festa. Mangiamo i pinchos: altro che gli aperitivi italiani. Questi stuzzichini (di grandi dimensioni) sono deliziosi. Per me e Lucia si è fatto tardi. Mentre gli altri si godono la festa fino a tardi, noi torniamo in albergo prima che chiuda. Purtroppo non si chiude occhio: è iniziato il concerto che si protrarrà fino alle 4,30 del mattino e la mia stanza è proprio davanti al palco. In Italia sarebbe impensabile un concerto fino a così tardi nel bel mezzo di un paese. Risultato: dormo solo due ore dalle 4,30 alle 6,30. che nottataccia…

(continua)
 
Grazie per il diario che stai pubblicando, Paolo. Io sono rientrata da pochissimo dal cammino che ho percorso - da Saint Jean pure io - anticipandoti di una decina di giorni. Leggere i tuoi racconti mi fa rivivere il mio cammino, appena concluso :)
Grazie grazie grazie, paola
 
18 agosto Navarrete – Santo Domingo de la Calzada
Il mattino dopo riparto alla volta di Santo Domingo de la Calzada. Sono quasi 38 km. dopo la notte quasi insonne mi sveglio alle 6,30. faccio colazione con alcune ragazze sudamericane mangiando la napoletana avanzata da ieri. Appena uscito ed aver chiuso la porta dell’albergue alle mie spalle mi accordo di aver dimenticato il mio inseparabile bordon dentro. La porta si apre solo dall’interno quindi non posso entrare. Provo a suonare, bussare ma nessuno apre. Provo anche con una serenata mettendomi a cantare sotto la finestra della cucina ma le ragazze sudamericane non mi sentono. Per fortuna dopo poco una esce per andarsene e posso riprendere il mio bastone. Riprendo la strada dritta che esce da Navarrete. Per fortuna ancora non si è fatto del tutto giorno perché anche qui non c’è un albero. Mi godo l’alba e incontro Lucia. Ha un dolore all’anca. Chiacchieriamo un po’ ma non regge il mio passo lungo (dice che si fermerà ad Azofra) e mi augura buon cammino. Proseguo il cammino che anche oggi è parallelo all’autostrada. Alla deviazione per Ventosa proseguo dritto come mi consiglia il prezioso descrittivo di Flavio (altro che guide...). Oggi è una tappa lunga e di fare deviazioni non ho proprio voglia. All’area de descanso di Najera ritrovo il “petulante” ragazzo di Bari che viene in senso contrario. Mi dice che sta raggiungendo la ragazza misteriosa rimasta indietro. Ma come? Prima era avanti ora è indietro? È davvero strano tutto ciò. Per fortuna per me ha poca importanza. Non lo vedrò più (se Dio vuole). Arrivo a Najera e mi fermo in un bar sul fiume a fare colazione. Il solito cafè y leche con un croissant. Proseguo in salita verso Azofra. Lungo la via incontro un ragazzo piemontese (Giò). È un gran piacere parlare con qualcuno (finora ho fatto quasi in solitaria). È partito un giorno prima di me da Saint Jean e viaggia senza zaino (per oggi l’ha affidato al trasporto zaini perché ha avuto problemi fisici). Mi racconta che sta facendo le tappe con un simpatico signore di mezza età che usa un linguaggio molto colorito. Ma chi? Angelo? È proprio lui. Tutti quanti vanno a Santo Domingo (non l’isola...) come me. Mentre chiacchieriamo, ben presto arriviamo ad Azofra. È mezzogiorno. Al bar del paese ritrovo il signore di Como che ha deciso di fermarsi lì. Di fare altri 15 km non se la sente. Proseguo verso Ciruena sotto il sole. Verso l’una mi fermo a mangiare un panino all’ombra di un’alta pila di balle di paglia insieme a due signore spagnole anche loro alla ricerca di un posto all’ombra. Finito il pranzo e dopo un po’ di relax proseguo il cammino. La salita verso Ciruena sotto il sole è dura. Approfitto dell’ombra di un piccolo albero per ripararmi. L’arrivo in cima è una liberazione accentuata dalla presenza di una fontanella sotto la quale mi bagno la testa. Lì ritrovo Giò che si è fermato a riposare in quel punto. Dice che la maggioranza dei pellegrini, una volta arrivata stravolta in cima alla salita, ha fatto proprio come me. Arrivo a Ciruena. Sembra un posto per benestanti: c’è il golf, tante villette a schiere e le piscine. Sarà pure tutto nuovo ma non c’è un albero piantato a pagarlo oro! Quando poi avvisto Santo Domingo dall’alto la gioia di arrivare è grande. In città, però, arrivo stremato per le 16, sotto il solito sole implacabile. Davanti l'albergo incontro Angelo. Ha uno dei suoi soliti acciacchi ed aspetta che apra la farmacia. Subito mi dice: “Ma dov'è finito quel pirla di Enzo?”. Gli racconto che è rimasto indietro. Io non vedo l'ora di farmi una doccia e lo liquido in poche battute. Entro in albergue e vengo accolto dall’hospitalero. Mi aiuta a togliere lo zaino e mi fa sedere. L’albergo è nuovo e bellissimo ed è il primo finora tra quelli in cui mi sono fermato che chiede solo un donativo. C’è anche il “terapeuta” che in cambio di un donativo ti cura dolori acciacchi e vesciche. Dopo la doccia ci vado per fargli vedere i piedi (mi è spuntata una nuova vescica sul mignolino). Il terapeuta non ha proprio l’aria da medico (fuma come visita) però è bravo e simpatico. Mi cura la vescica sul mignolino e vede il filo che ho lasciato nella vescica sull’alluce e non gli piace. Fa no con la testa e lo toglie. Ci mette una pomata. Gli dico che ho un dolorino sotto la pianta del piede sinistro (che dopo 38 km è anche normale). Dopo avermi scrocchiato un po’ il piede, mi fascia stretto entrambi i piedi (ma io avevo solo un dolorino!). verso sera vado a visitare la cattedrale (m’incuriosisce troppo vedere il gallo e la gallina in chiesa). Uscito dalla chiesa, faccio un giro in città per vedere se per caso sono arrivate le 3 M, ma non li trovo. Mangio perciò in un bar-ristorante il menù del pellegrino. Il menù non è scritto ma è detto a voce dalla cameriera. Non conoscendo lo spagnolo scelgo quasi a caso e mi portano del cavolo ripassato. Non è esattamente il mio piatto preferito, ma il pellegrino mangia tutto e quindi me lo gusto anche. Alle 22 torno in albergo e vado di filata a letto. Dopo le ultime due notti insonni sono molto stanco e mi addormento subito…


19 agosto Santo Domingo de la Calzada – Villafranca Montes de Oca
Dormo come un ciocco. Finalmente una notte tutta di fila e a svegliarmi ci pensa il gallo che vive nel cortile dell’albergue. Essere svegliato dal canto del gallo è un evento, per me che vivo in città, più unico che raro. Dopo questo dolce risveglio e dopo aver riposato finalmente bene (l’hospitalero me l’aveva detto: “Qui si dorme bene”). I dolori ai piedi a causa della lunga tappa di ieri si fanno comunque sentire. Parto per le sette, ma dopo pochi metri mi rendo conto che le fasciature che ieri mi ha messo il terapeuta mi rallentano di molto il passo. Dopo pochi metri decido perciò di togliere tutto. Appena tolte le fasciature, riparto come un treno (per modo di dire...). Sulla strada verso Granon si trovano molti campi coltivati a girasole. Alcuni pellegrini si sono divertiti a “disegnare” delle faccine (“smile”) sulla parte centrale del girasole. Che brutta cosa! A parte questo, i campi coltivati a girasole son davvero belli. Dietro uno di questi, spunta il paesino di Granon. Entro in paese ed davanti al bar incontro, con mio grande stupore, la fiorentina Chiara e le 3 M. hanno dormito anche loro a Santo Domingo ma nell’albergue parrocchiale e sono partiti alle 6,45 (loro che di solito partono tardi). Nel bar incontro, con altrettanto stupore, anche Lucia che non si è per nulla fermata ad Azofra ma è riuscita ad arrivare anche lei a Santo Domingo. Dopo aver fatto colazione (stavolta niente napolitana ma merendina confezionata... questo passa il bar) ripartiamo tutti insieme verso Belorado. Non c’è gran rapporto con questo gruppo. La pensiamo in maniera diversa su tante cose (a partire da come si affronta il cammino) e sebbene da parte mia ci sia voglia di legare non vedo lo stesso dall’altra parte. Riesco a parlare giusto un po’ con Chiara. Parliamo di Firenze (città che amo molto) e di Greve in Chianti, suo paese di origine (che conosco di fama). Il cammino corre parallelo alla strada nazionale. Dopo un po’ mi stanco dei sassi e percorro la strada asfaltata (sull’asfalto cammino molto meglio). Arriviamo a Belorado all’ora di pranzo e ci fermiamo a mangiare tutti insieme. Aiuto Matteo all’ufficio del turismo: deve comprare il biglietto del pullman perché una volta arrivato a Burgos, come me, prenderà il bus per Santiago e da lì l’aereo. Gli do alcune dritte sul sito ALSA che lui non sapeva. Gli altri si fermano per riposare com’è loro consuetudine. Inoltre non hanno intenzione di arrivare a Villafranca ma vogliono fermarsi qualche km prima. Io invece riparto alla volta di Villafranca sotto il solito sole (ormai sono abituato). Per fortuna all’uscita di Belorado c’è un parco. Sul cammino a quest’ora ci sono solo io. Per fortuna fino a Villafranca i paesi e le fonti sono frequenti a quindi posso fare tante soste per riposarmi. Solo a Villambistia incontro una colonia di ragazzi francesi accompagnati dal loro parroco italiano trasferitosi in Francia. Arrivo (distrutto) alle 16 a Villafranca Montes de Oca e mi sistemo all’albergue municipale (avevo letto che non era bello però penso che sia stato da poco ristrutturato perché i bagni e le docce erano davvero confortevoli rispetto ad altri). Dopo essermi sistemato, vado a fare provviste al bar - tienda del paese perché il descrittivo mi dice che domani i punti di ristoro scarseggeranno. Il bar sembra un comune bar ma a tua richiesta il barista ti apre una porta che nasconde una grande dispensa dove c’è di tutto. Al bar re-incontro con piacere la coppia di australiani conosciuta sul treno per St. Jean e m’invitano a cenare con loro al ristorante del paese che si trova dentro l’albergo. Il ristorante è “lussuoso” (un bicchiere per l’acqua e uno per il vino, due forchette, sottopiatto...) però per 12 euro ti fanno il menù del pellegrino. Mangio dell’ottimo pollo con salsa all’arancia e per dolce mi danno il riso col latte (dessert tipico spagnolo che non è male.. anche se mangiare il riso per dessert mi è risultato parecchio strano). Dopo cena andiamo ad ascoltare un concerto di musica strumentale in chiesa ma ben presto mi viene sonno e saluto gli australiani per andare a dormire in albergo. Domani mi aspetta l’ultima tappa. Si va a Burgos (ma dovrò penare parecchio per arrivarci…).

(continua)
 
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