Arezzo-Parigi-Bayonne 17/20 Aprile.
Avvicinamento lento.
In treno a Parigi via Milano,che il Cammino inizia quando parti da casa, e passare in un ora e mezzo dal bucolico accento del Casentino all’altezzosa lingua dei cugini d’oltralpe,trovo che sia un cambiamento di idioma eccessivo.
Almeno per i miei quattro neuroni,che stanno diventando un po’ più lenti a causa dei capelli bianchi.
Quindi mi piglio tutto il tempo, anzi, mi fermo a Parigi a fare il turista per un giorno intero, che non si diventa pellegrini in poche ore: per entrare “nel personaggio” occorre tempo ed il tempo è la moneta più preziosa che possa spendere il viandante.
Cimitero di Montparnasse a spasso tra le tombe, perché a visitare la Tour Eiffel e Notre Dame, ci sono già stato da giovane.
Parigi non è molto cambiata negli ultimi vent’anni: l’unica grande differenza è il modo di camminare dei parigini.
Me li ricordavo tutti iperattivi, indaffarati, altezzosi; camminavano veloci e con la schiena dritta fissando un punto ideale di fronte al proprio orizzonte … adesso vanno adagio,con questa postura china e un po’ indolente, con lo sguardo basso,distratti …
astratti …
a tratti …
Attratti.
Dai propri smartphone, ovviamente!
Cimitero di Montparnasse, dicevo … sono qui per Jim Morrison, ma il custode giura che ho (anche io come quasi tutti gli sconvolti che vengono a far festa sulla sua tomba) un’informazione sbagliata: i resti di Jim sono a Parigi, è vero, ma in un altro cimitero!
“Eddai, che lo dici perché pensi che vada a rollare una canna con lui o chissà che cosa e quindi vuoi depistarmi!”
Ride.
Ridiamo.
Mentre mi porge una mappa con la pianta del camposanto ed i numeri a contraddistinguere le tombe “importanti”,e siccome non vedo quella di Jim, tento ancora di “stanarlo”:
“Non mi dici la verità e vuoi depistarmi,ne sono sicuro …”
(mi ha già voltato le spalle ed ha riguadagnato il posto in guardiola)
“… comunque non sono venuto a far festini: il cimitero è un luogo …”
(no, non mi ascolta!)
“… un luogo serio!”
Lo credevo davvero prima di iniziare il mio zigzagare curioso tra questi piccoli grandi monumenti al dolore,seguendo sommariamente la mappa:
la tomba di Serge Gainsbourg spettinata ,disordinata e disorientata come lui: più che una tomba, pare un letto sfatto dove si è (anche!) dormito molto!
Quella di Baudelaire (che poi è solo il cenotafio) con biglietti a lui dedicati da aspiranti suicidi e lucidi folli scrittori che si credono albatros.
Un piccolo cane bassotto di pietra veglia su quella linda ed immacolata di Philippe Noiret e,no: non può essere un caso!
Il grande Gatto “stile Gaudì” (non ho capito bene se sia proprio opera sua) con i colori “patchwork” è un vero pugno nell’occhio ma allieta il bambino che riposa alla sua ombra.
Le lapidi gemelle di Simone de Beauvior e di Jean Paul Sartre coperte di baci al rossetto e vai a sapere perchè.
Illustri sconosciuti la cui ultima dimora è probabilmente ben più ridondante delle loro gesta terrene: mi veniva in mente “A’ Livella” del Principe De Curtis,ma sicuramente costoro,in vita, non l’avevano mai letta!
Il silenzio rotto da un gruppo di operai che facevano manutenzione ad un malmesso marciapiede, io che ronzavo attorno ad un gruppo di statue di angeli affranti alla ricerca di una tomba che non figurava sulla mappa:
“Dov’è Jim Morrison?”
Dico senza tanti preamboli a quel gruppetto di uomini indaffarati. La voce di uno di essi sovrasta il rumore stridulo di una sega circolare con la quale un suo collega si stava apprestando a tagliare una barra di marmo:
“No, non qui: devi andare al cimitero di … (segue nome impronunciabile)!”
Amici e complici del custode, o più probabilmente la cartina di tornasole che attesta la mia crassa ignoranza!
Faccio un cenno di saluto e mi arrendo all’evidenza, che è già ora di andare in stazione e prendere il treno per Bayonne,con tanti omaggi alla Memoria del Re Lucertola.
Giornata di freddo sole che scendendo verso sud inizia invece a scaldare sul serio.
La mia musica negli auricolari.
Lo zaino sulla cappelliera a ricordarmi chi sono.
Il treno che taglia la campagna ed inanella le grandi città che si dipanano verso sud-ovest: Orleans … Bordeaux … mi viene in mente che avrei potuto far tutto a piedi, ma ormai è tardi … magari la prossima volta.
Ogni tanto si sente qualche sporadico passeggero parlare spagnolo ma ancora “comanda” il francese e lo farà ancora per qualche giorno: ecco cos’è un è un avvicinamento lento!
La serata tiepida di Bayonne mi abbraccia non appena scendo dal predellino: due foto sul ponte della Nive,il fiume che taglia in due la bella cittadina, una fame improvvisa che placherò tra non molto in un allegro ristorante gestito da giovani entusiasti ed appassionati per il proprio lavoro, la partita di Champions League con quella squadra di spocchiosi che speriamo perdano male!
(…. e niente: vincono sempre!)
L’albergue di Cathy e suo marito Gregory, è curatissimo: due letti a castello in un ambiente familiare,ridente e vagamente gipsy. Cathy mi accoglie con un abbraccio e sento che si, adesso sono in Cammino.
C’è un’altra ospite: una ragazza tedesca che domattina partirà in treno per Saint Jean: io inizierò a camminare lungo la costa per non so dove, perché non ho ben chiaro il percorso che da Bayonne mi dovrà portare ad Irun.
“A che ora apre domattina la cattedrale? Dovrei prendere una credenziale per me ed un’altra per un amico che me ne ha fatto richiesta”.
Cathy ride alla mia domanda:
“A che ora vuoi partire domani?”
“Mah … non ho fretta … non saprei …”
“Sono io che apro la cattedrale e sono io che consegno le credenziali! A che ora vuoi partire, domani?”
Devo aver fatto una faccia sorpresa perché quella di Cathy appare ai miei occhi molto divertita.
“Beh… sono nelle tue mani!”
Le dico accennando un impercettibile inchino.
Padrona di casa dal cuore grande: non solo mi metterà il primo sello sulla credenziale che mi consegnerà, ma disegnerà sullo spazio vicino al timbro un bel paesaggio montano ed un pellegrino che lo percorre: la scritta “Buon Cammino, Raùl” ed una pioggia di stelline a completare la piccola opera.
Mi congederà con un abbraccio, così come mi ha accolto, ed un rosario puntiglioso di indicazioni e raccomandazioni: come ultima cosa mi dice che telefonerà al camping di Guethary dove il proprietario accoglie volentieri i pellegrini.
“ Vai a dormire lì, ti troverai bene!”
Dice che dovrebbero essere una ventina di chilometri: io in mano non ho mappe ne’ guide figurarsi il gippiesse, ma il percorso seppur poco segnalato è molto facile ed intuitivo.
Già so come andrà a finire ma scaccio il pensiero dalla mente.
L’avvicinamento lento sta lasciando il posto alla prima tappa di questo nuovo Viaggio: esco dalla cattedrale e tiro un profondo respiro, prima di dare il primo di una serie innumerevole di passi.

Avvicinamento lento.
In treno a Parigi via Milano,che il Cammino inizia quando parti da casa, e passare in un ora e mezzo dal bucolico accento del Casentino all’altezzosa lingua dei cugini d’oltralpe,trovo che sia un cambiamento di idioma eccessivo.
Almeno per i miei quattro neuroni,che stanno diventando un po’ più lenti a causa dei capelli bianchi.
Quindi mi piglio tutto il tempo, anzi, mi fermo a Parigi a fare il turista per un giorno intero, che non si diventa pellegrini in poche ore: per entrare “nel personaggio” occorre tempo ed il tempo è la moneta più preziosa che possa spendere il viandante.
Cimitero di Montparnasse a spasso tra le tombe, perché a visitare la Tour Eiffel e Notre Dame, ci sono già stato da giovane.
Parigi non è molto cambiata negli ultimi vent’anni: l’unica grande differenza è il modo di camminare dei parigini.
Me li ricordavo tutti iperattivi, indaffarati, altezzosi; camminavano veloci e con la schiena dritta fissando un punto ideale di fronte al proprio orizzonte … adesso vanno adagio,con questa postura china e un po’ indolente, con lo sguardo basso,distratti …
astratti …
a tratti …
Attratti.
Dai propri smartphone, ovviamente!
Cimitero di Montparnasse, dicevo … sono qui per Jim Morrison, ma il custode giura che ho (anche io come quasi tutti gli sconvolti che vengono a far festa sulla sua tomba) un’informazione sbagliata: i resti di Jim sono a Parigi, è vero, ma in un altro cimitero!
“Eddai, che lo dici perché pensi che vada a rollare una canna con lui o chissà che cosa e quindi vuoi depistarmi!”
Ride.
Ridiamo.
Mentre mi porge una mappa con la pianta del camposanto ed i numeri a contraddistinguere le tombe “importanti”,e siccome non vedo quella di Jim, tento ancora di “stanarlo”:
“Non mi dici la verità e vuoi depistarmi,ne sono sicuro …”
(mi ha già voltato le spalle ed ha riguadagnato il posto in guardiola)
“… comunque non sono venuto a far festini: il cimitero è un luogo …”
(no, non mi ascolta!)
“… un luogo serio!”
Lo credevo davvero prima di iniziare il mio zigzagare curioso tra questi piccoli grandi monumenti al dolore,seguendo sommariamente la mappa:
la tomba di Serge Gainsbourg spettinata ,disordinata e disorientata come lui: più che una tomba, pare un letto sfatto dove si è (anche!) dormito molto!
Quella di Baudelaire (che poi è solo il cenotafio) con biglietti a lui dedicati da aspiranti suicidi e lucidi folli scrittori che si credono albatros.
Un piccolo cane bassotto di pietra veglia su quella linda ed immacolata di Philippe Noiret e,no: non può essere un caso!
Il grande Gatto “stile Gaudì” (non ho capito bene se sia proprio opera sua) con i colori “patchwork” è un vero pugno nell’occhio ma allieta il bambino che riposa alla sua ombra.
Le lapidi gemelle di Simone de Beauvior e di Jean Paul Sartre coperte di baci al rossetto e vai a sapere perchè.

Illustri sconosciuti la cui ultima dimora è probabilmente ben più ridondante delle loro gesta terrene: mi veniva in mente “A’ Livella” del Principe De Curtis,ma sicuramente costoro,in vita, non l’avevano mai letta!
Il silenzio rotto da un gruppo di operai che facevano manutenzione ad un malmesso marciapiede, io che ronzavo attorno ad un gruppo di statue di angeli affranti alla ricerca di una tomba che non figurava sulla mappa:
“Dov’è Jim Morrison?”
Dico senza tanti preamboli a quel gruppetto di uomini indaffarati. La voce di uno di essi sovrasta il rumore stridulo di una sega circolare con la quale un suo collega si stava apprestando a tagliare una barra di marmo:
“No, non qui: devi andare al cimitero di … (segue nome impronunciabile)!”
Amici e complici del custode, o più probabilmente la cartina di tornasole che attesta la mia crassa ignoranza!
Faccio un cenno di saluto e mi arrendo all’evidenza, che è già ora di andare in stazione e prendere il treno per Bayonne,con tanti omaggi alla Memoria del Re Lucertola.
Giornata di freddo sole che scendendo verso sud inizia invece a scaldare sul serio.
La mia musica negli auricolari.
Lo zaino sulla cappelliera a ricordarmi chi sono.
Il treno che taglia la campagna ed inanella le grandi città che si dipanano verso sud-ovest: Orleans … Bordeaux … mi viene in mente che avrei potuto far tutto a piedi, ma ormai è tardi … magari la prossima volta.
Ogni tanto si sente qualche sporadico passeggero parlare spagnolo ma ancora “comanda” il francese e lo farà ancora per qualche giorno: ecco cos’è un è un avvicinamento lento!
La serata tiepida di Bayonne mi abbraccia non appena scendo dal predellino: due foto sul ponte della Nive,il fiume che taglia in due la bella cittadina, una fame improvvisa che placherò tra non molto in un allegro ristorante gestito da giovani entusiasti ed appassionati per il proprio lavoro, la partita di Champions League con quella squadra di spocchiosi che speriamo perdano male!
(…. e niente: vincono sempre!)
L’albergue di Cathy e suo marito Gregory, è curatissimo: due letti a castello in un ambiente familiare,ridente e vagamente gipsy. Cathy mi accoglie con un abbraccio e sento che si, adesso sono in Cammino.
C’è un’altra ospite: una ragazza tedesca che domattina partirà in treno per Saint Jean: io inizierò a camminare lungo la costa per non so dove, perché non ho ben chiaro il percorso che da Bayonne mi dovrà portare ad Irun.
“A che ora apre domattina la cattedrale? Dovrei prendere una credenziale per me ed un’altra per un amico che me ne ha fatto richiesta”.
Cathy ride alla mia domanda:
“A che ora vuoi partire domani?”
“Mah … non ho fretta … non saprei …”
“Sono io che apro la cattedrale e sono io che consegno le credenziali! A che ora vuoi partire, domani?”
Devo aver fatto una faccia sorpresa perché quella di Cathy appare ai miei occhi molto divertita.
“Beh… sono nelle tue mani!”
Le dico accennando un impercettibile inchino.
Padrona di casa dal cuore grande: non solo mi metterà il primo sello sulla credenziale che mi consegnerà, ma disegnerà sullo spazio vicino al timbro un bel paesaggio montano ed un pellegrino che lo percorre: la scritta “Buon Cammino, Raùl” ed una pioggia di stelline a completare la piccola opera.
Mi congederà con un abbraccio, così come mi ha accolto, ed un rosario puntiglioso di indicazioni e raccomandazioni: come ultima cosa mi dice che telefonerà al camping di Guethary dove il proprietario accoglie volentieri i pellegrini.
“ Vai a dormire lì, ti troverai bene!”
Dice che dovrebbero essere una ventina di chilometri: io in mano non ho mappe ne’ guide figurarsi il gippiesse, ma il percorso seppur poco segnalato è molto facile ed intuitivo.
Già so come andrà a finire ma scaccio il pensiero dalla mente.
L’avvicinamento lento sta lasciando il posto alla prima tappa di questo nuovo Viaggio: esco dalla cattedrale e tiro un profondo respiro, prima di dare il primo di una serie innumerevole di passi.
